Contadini con il cappello in testa
11/03/2011 Marco Arturi
Inaugurare questa rubrica parlando di qualcosa che si svolge a Rosarno è forse quanto di meglio potessimo augurarci: ci permette di chiarire da subito come quel «dissidenze» con il prefisso eno davanti rappresenti, oltre che un inequivocabile omaggio a Gino Veronelli [il più grande giornalista e critico enogastronomico, che coniò il termine proprio sulle pagine di Carta], una visione anzitutto contadina – quindi in un mondo come questo ribelle – della viticoltura.
Dai vignaioli, soggetti per varie ragioni privilegiati rispetto al resto dell’universo agricolo, ci si attende una presa di coscienza definitiva: il potere comunicativo e mediatico del vino dovrebbe essere utilizzato per dare forza e visibilità alla contadinità meno fortunata, per difendere la terra e i territori, per salvaguardare saperi e sapori. Non sono pochi i viticoltori che, coscienti di questa responsabilità, stanno da tempo cercando di organizzarsi e muoversi in questa direzione. Ciò che rende loro difficili le cose è una oggettiva difficoltà a rapportarsi con le istanze che provengono dal «di sotto», da quella base dell’agricoltura fatta di piccoli contadini, braccianti e – perché no – stagionali migranti sfruttati.
Per questo sarebbe utile a tutti conoscere le proposte che arriveranno da Rosarno, dove il 12 e 13 marzo collettivi, gruppi di acquisto solidale e associazioni incontreranno i rappresentanti della Rete europea contro lo sfruttamento dei braccianti agricoli nell’ambito della campagna «Agricoltura contadina e lavoro stagionale migrante». A organizzare la rete e la campagna è innanzitutto Via Campesina, coordinamento europeo che si batte per la modifica delle politiche comunitarie; il modello proposto è ancora una volta quello francese, rappresentato da quella Confederation Paysanne che in breve tempo è riuscita a riunire migliaia di piccoli agricoltori. «Hanno capito qual è il problema, chi sono i nemici dell’agricoltura, vale a dire l’agrindustria e le grandi catene commerciali come Auchan, Carrefour e Despar, e sono in cerca di alleati. Tra questi, hanno pensato ai piccoli contadini e ai braccianti, perché se il sistema che fa morire gli uni è lo stesso che riduce in semischiavitù gli altri, allora sarà bene unirsi per combatterlo» spiegano gli organizzatori, che auspicano l’inclusione dei più deboli, i tanti africani ed esteuropei che popolano le nostre campagne in tempo di raccolta. Da qui è semplice comprendere il perché della scelta di Rosarno come sede dell’incontro, che avrà tra i suoi temi portanti anche filiera corta e consumo etico.
C’è da sperare che gli amanti del vino artigianale e naturale [e gli stessi produttori] non guardino con sufficienza a iniziative come questa, magari chiedendosi che c’entrano i braccianti stagionali con il vino ribelle. Nel caso, riflettano davanti a una boccia di Placido Rizzotto rosso [nero d’Avola, syrah, merlot], vino prodotto dalla Centopassi e proveniente da terreni confiscati alla criminalità organizzata, intitolato alla memoria del Segretario della Camera del lavoro di Corleone ucciso il 10 marzo del 1948 perché colpevole di avere lottato affinché i braccianti del luogo «non si togliessero il cappello quando passava il padrone», che in quel caso coincideva con il mafioso. Ancora sfruttamento, ancora campagne del sud, ancora lotte per la dignità contadina. Tutto torna.
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