Se è vero che il «consumo critico! comincia a tavola, in Italia la riflessione sui nuovi stili di vita non può che partire dal «primo» per eccellenza, la pasta. Noi italiani siamo abituati a mangiare pasta almeno una volta al giorno, e questo fa di noi i primi consumatori al mondo. Allo stesso tempo, l’industria italiana della pasta è leader a livello mondiale quanto a produzione ed esportazione. E lo è diventata nel tempo perché forte di una tradizione che ha saputo declinarsi in modo diverso in tutto il territorio nazionale, valorizzando la qualità e la varietà delle materie prime utilizzate e la molteplicità dei formati. Oggi tuttavia l’industria della pasta ha perso, in larga parte, il legame con il territorio e con il grano locale.
E ha allentato anche la relazione di fiducia con il consumatore: negli ultimi anni, ad esempio, non si è fatta scrupolo di creare un cartello che ha tenuto artificiosamente alto il prezzo della pasta. A fronte di tutto questo, è giunta l’ora di declinare in un modo nuovo l’idea di tradizione: riprendiamoci la pasta!
Questo libro [«Adesso pasta!» di Chiara Spadaro, redattrice di Carta e Altreconomia] ci aiuta a farlo. Intanto raccontandoci che cosa sia la pasta, sforzo non banale, utile a comprendere che «c’è pasta e pasta». Poi accompagnandoci in giro per l’Italia a conoscere le storie di chi, produttore artigianale e biologico, continua a far la pasta come una volta, e con la stessa passione: molendo a pietra il grano, essiccando la pasta a basse temperature e così via. La ricchezza di queste esperienze, però, va anche oltre: chi, dal Trentino alla Sicilia, produce pasta artigianale con farine prodotte e macinate in loco realizza anche un «presidio del territorio».
Le esperienze più strutturate, nate alla fine degli anni Settanta o nei primi anni Ottanta, sono state capaci di creare «filiere virtuose»: questo ha significato inoltre che i contadini non hanno abbandonato i propri campi. E in un Paese in cui il 63 per cento del grano coltivato è di dieci varietà, hanno mantenuto in vita la biodiversità. Questa realtà esercitano un ruolo «sociale» e riescono, nel contempo, a mettere in commercio un pacco di pasta a un prezzo poco più alto dei marchi più diffusi nella grande distribuzione [o anche meno, quando i consumatori sono organizzati in un gruppo d’acquisto solidale, che abbatte i costi d’intermediazione].
Se proprio volete frequentare i supermercati, «Adesso pasta!» è anche un utile vademecum per non farvi ingannare dalla pubblicità: vi spiega che se la pasta non «scuoce», non è una virtù. Se una pasta non supera mai la cottura al dente, infatti, è perché è stata essiccata ad alta temperatura [dagli 80 gradi in su], ed è meno digeribile. O che non vi è motivo razionale perché che la pasta integrale costi più di quella di semola di grano duro: produrre una farina [davvero] integrale costa meno di quella «bianca»: da cento chili di grano duro si ricavano 92-93 chili di farina integrale, non più di 70 di semola. Farina e acqua, insomma, hanno infinite combinazioni: qui trovate quelle buone per il palato ma anche per la salute, l’ambiente, la biodiversità, i lavoratori del Sud del mondo, la giustizia sociale, la legalità. Tutta farina del nostro sacco.
[«Adesso pasta!», Altreconomia, di Chiara Spadaro, 5 euro, nelle botteghe e nelle librerie dal 6 giugno 2011]
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