martedì 2 agosto 2011

UN OTTIMO INIZIO.......

“La rivoluzione politica dei beni comuni” a Napoli
27/07/2011 Paolo Cacciari

I referendum hanno celebrato un nuovo senso comune, un diverso modo di percepire i beni naturali e i servizi collettivi. Un diverso modo di pensare come usare i beni comuni con modalità non escludenti. Un diverso atteggiamento che denota una disponibilità a modificare comportamenti e stili di vita. Una diversa immagine mentale del mondo che è ben documentata anche dal sondaggio Demos-Coop (Ilvo Diamanti su “la Repubblica” del 18 luglio). Nel “nuovo dizionario” degli italiani sono entrate parole come: energia pulita, bene comune e, persino, decrescita e partecipazione. Calano nella scala dei valori etici più condivisi parole come: individualismo, stato, missioni militari e, inevitabilmente, partiti. La sfera pubblica e comunitaria prevale sull’individualismo egoistico; l’etica solidale e l’impegno per gli altri prevale sul cinismo economico, sull’aziendalismo competitivo; la comunicazione interpersonale e sociale prevale sulla televisione unidirezionale.

La sensibilità ecologica e sociale della popolazione ha portato a rivalutare l’idea della gestione pubblica di quei beni e servizi comuni necessari ad una vita dignitosa di ciascuno individuo e delle comunità locali. Ma, attenzione. I movimenti referendari non sembrano avere alcuna nostalgia per carrozzoni clientelari tipo ex municipalizzate. Al contrario si fanno interpreti di una crescente sensibilità civica, di una grande voglia di prendersi cura direttamente di ciò che appartiene ai cittadini semplicemente come abitanti di questa Terra: beni naturali come l’acqua, l’aria, i boschi e i parchi, il paesaggio e beni che ci ha lasciato in eredità chi è vissuto prima di noi: i beni storici e culturali, le infrastrutture, i servizi alle persone. Si chiama “pubblico partecipato” e si riferisce a processi decisionali, gestionali e di controllo attraverso cui tutti i cittadini vengono messi nelle condizioni di partecipare alle decisioni. Oltre e meglio la delega agli apparati tecnico-burocratici, spesso mal indirizzati dalle rappresentanze politiche. Nuove esperienze stanno sorgendo dal basso. A Napoli, ad esempio, la nuova amministrazione ha dato vita ad un “Laboratorio per una Costituente dei beni comuni” con la creazione di assemblee e numerose consulte tematiche. Il nuovo assessore ai Beni Comuni e alla Partecipazione, il docente di diritto Alberto Lucarelli, ha scritto che il suo obiettivo è “porre tutti i cittadini concretamente in grado di concorrere su un piano di effettiva parità reciproca e quindi con piena e consapevole autodeterminazione alla formazione della volontà popolare governante”. Più esplicito ancora in una intervista a “Liberazione” in cui invoca una “rivoluzione politica dei beni comuni e della democrazia partecipativa” per “destrutturare il concetto di diritto pubblico, la finzione giuridica dello stato borghese, per cui la sovranità popolare appartiene al popolo ma la esercita qualcun altro a suo nome”.
Un ottimo inizio.

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