martedì 17 luglio 2012

Stringete la mano che vi nutre


Sabato 7 luglio 2012 continuiamo le visite ai produttori per Corto Circuito Flegreo


Partiamo presto da Pozzuoli perché fa molto caldo e vorremmo arrivare da Sabatino prima delle nove. Destinazione Montoro Inferiore provincia di Avellino, Località Piano a 170 mt slm sotto il monte Salto che arriva fino a 1000 mt . Dalla pianura di Montoro ci dobbiamo un po’ inerpicare tra stradine interpoderali dove il centro abitato lentamente si dirada per lasciare spazio alla campagna che sale verso la montagna.
Già all’imbocco di un tracciato di terra battuta si intravede una casa bianca con i tetti merlati, è qui che vive Sabatino Cardamone, in questa vecchia casa costruita alla fine dell’800 all’epoca di proprietà di un signorotto di Napoli Barone De Felice mentre la famiglia Cardamone lavorava in colonìa su questi 4 ettari fino al 1980, e poi, riscattata la proprietà, tutta la famiglia ci viveva di pascolo, vigneto, bosco e orti.
Entriamo nella grande stanza del piano terra per un approccio con caffè prima di andare in giro per la campagna. In un angolo c’è un grande camino e in giro alle pareti tracce di vite precedenti, suppellettili che raccontano, foto di gruppo – i cinque fratelli Cardamone giovanissimi - e foto di sua madre mentre raccoglie i piselli. Sono incuriosita da quest’atmosfera e spero di trovare un po’ di tempo per parlare con Sabatino della sua storia anche perché gli piace l’affabulazione e non sarà difficile farlo narrare. Ma intanto il sole è già alto e dobbiamo andare, inoltrarci nei campi che sono tutti intorno alla casa. Sabatino coltiva soprattutto in simbiosi con il selvatico del luogo evitando di tagliare o disboscare e per questo tra i filari di ortaggi di stagione crescono anche le erbe spontanee o altre erbe trapiantate per diventare poi esse stesse raccolto. Il concime è lo stallatico che proviene dalla terra contigua su cui uno dei suoi fratelli alleva cavalli ed altri animali da cortile. Ci tiene a raccontarci come la somma di queste tante erbe commestibili vanno poi a comporre un piatto tipico, il “mallone asciatizzo” che il consumismo alimentare ha cercato di mettere in soffitta ma che lui, orgogliosamente, ha riportato in vita e la propone sia agli ospiti che vanno a trovarlo sia nei circuiti solidali in cui porta suoi prodotti. L’orto è ricco nonostante il luogo sia privo di acqua ed è per questo che lungo i lati ai bordi delle colture viene lasciata crescere in modo spontaneo la felce, per trattenere l’umidità della notte che poi rilascia rugiada al mattino. Lungo il percorso, evitando di calpestare il seminato, ci indica le erbe alimentari e quelle mediche, con affetto per ciascuna e verso di noi con rammarico perché la stagione non è la più ricca di presenze vegetative. Ci ripromettiamo di tornare in autunno magari con un gruppo più nutrito per fare un percorso di conoscenza delle erbe e il loro utilizzo, anche terapeutico. Alberi di frutta sui terrazzamenti e una serra per le sementi, alcune antiche ma tutte autoprodotte o ricevute in scambio. Ma soprattutto dopo un percorso difficile essere riuscito a convincere i confinanti a superare l’utilizzo di pesticidi lo rende molto fiero. Torniamo sul sentiero di ritorno perché sono quasi le undici e il caldo ci avvolge dalla testa ai piedi. Un corpo separato dalla casa merlata contiene un antico forno, attivo per le esigenze domestiche, dal pane alle pizze, per solleticare la golosità degli ospiti che vanno spesso a trovare Sabatino. Sotto il grande gelso fuori l’uscio della casa restiamo un attimo a bere dell’acqua fresca, ci hanno raggiunto già altri amici del gruppo di lavoro; poi partiamo con varie auto per andare a Solofra. Ruberò lì a Sabatino, mentre stiamo da Michele, un po’ di tempo per ascoltare pezzi della sua vita.
Sabatino è decisamente un contadino atipico: le sue origini sono state attraversate da tante esperienze contrastanti tra loro, dal rifiuto totale con la fuga dalla campagna, e poi gli studi artistici e di design di moda, e poi indossatore e poi come creatore con esperienze fatte in Toscana, fino ad aprire un proprio laboratorio come tagliatore di pelli. Un crescendo di impegni e responsabilità che lo hanno portato ad un certo momento a fare i conti con quello che definisce “l’assurdo del mercato”: competizione, debiti, finanziamenti, ricerca del profitto…..inquietudine e voglia di scappare di nuovo…..in un ritorno alla ricchezza del suo passato, ricercando i tanti saperi da recuperare dalla sua memoria e dalle sue radici. Diventa tenero quest’uomo grande e grosso, quando mi racconta dei geni familiari che hanno contribuito alla sua “rinascita”. La nonna materna era una violinista bulgara, Esvetana, conosciuta da suo nonno alla fine della prima guerra mondiale che per amore di questo giovane contadino italiano era arrivata fino al sud e si era adattata alla vita del borgo senza però mai dimenticare o rinnegare la sua musica, suonando spesso in piazza e insegnando il bel canto a sua figlia. Questi ricordi si intrecciano con l’incontro della musica popolare, a Madonna dell’Arco nel 1990, e l’innamoramento del ballo sul tamburo che lo conduce ad una ricerca etno-musicale dal basso, frequentando le numerose paranze dell’avellinese e del salernitano e fondandone successivamente una propria. Dalla fantastica nonna riceve in qualche modo anche conoscenze botaniche legate alle erbe del bosco perché padre e madre erano farmacisti naturisti, ma non solo da lei ! Nella casa di cortile giù in paese la nonna e la vecchia vicina, à brigantella, figlia di un esperto cercatore di erbe per i monaci dei conventi, adottava Sabatino ò lampariell’ (canarino selvatico) trasferendogli questo sapere antico come il mondo. Le lezioni dell’infanzia sono risalite alla memoria spingendolo ad approfondire, studiare, sperimentare questa ricchezza che la terra ci propone in ogni stagione.
O’ lampariell era volato via spinto dalla curiosità di scoprire il mondo ed è ritornato sotto le vesti di Sabatino ò sciamano.
Siamo poi a Solofra, terra ricca di acque, secondo alcuni studi, dall’osco salubrità, che i pastori in transumanza estiva trovavano in questo luogo. Altri studi propongono sol/ofra offerta al sole un antico culto sannita in uso presso le popolazioni autoctone colonizzate poi dai Romani. Entrambe le tesi ci introducono alle inestimabili ricchezze di questa terra, storiche antropologiche e di paesaggio. A 384 mt slm circondata dalla catena dei monti Picentini, la cui cima più alta il Pizzo San Michele ci abbaglia con i suoi costoni di pietra grigio-bianca, Solofra è o perlomeno era fino a pochi anni fa un centro di eccellenza per la concia delle pelli proprio per le attività di pastorizia e allevamento che tutto il territorio ricco di valloni con acque sorgive offriva come risorse alle comunità locali. Michele Luciano fin da piccolo lavorava nella conceria di famiglia e coltivava una grande passione per la caccia intesa prima di tutto come attento vagabondare sugli ampi spazi dei territori montani. Poi prese la decisione di ” farsi grande” aprendo un’attività di conceria tutta sua e fino al 2001 la sua vita scorreva sui binari di una certa tranquillità, metteva su famiglia con Pina, dai carezzevoli occhi azzurri, e nasceva la sua prima bambina. La caduta delle Torri Gemelle influenzò moltissimo l’attività di conceria legata com’era ai mercati asiatici che passavano attraverso New York. Così l’attività languiva fino a diventare moribonda per le piccole realtà conciarie e per Michele la decisione dolorosa di liquidare la sua, con un pesante fardello di debiti che ha pagato fino all’ultimo centesimo. “Mi mancava la visione del futuro” mi dice con emozione e valutava la via dell’emigrazione verso la Svizzera ma non ne era convinto, e neanche Pina, che intanto aveva messo al mondo un altro figlio. Bisognava allora darsi da fare per creare un’altra attività e nella ricerca di una terra da destinare a scopo di allevamento Michele si imbattè in un bel pezzo di montagna di proprietà ecclesiastica, del tutto abbandonata, in S. Agata frazione di Solofra località Visciglito riuscendo ad averla in affitto ad un prezzo abbordabile; inizia così un lavoro duro e di apprendimento, carpentiere per creare gli ampi stazzi, muratore per costruire i muretti a secco, e infine allevatore di maiali che lui stesso definisce “i miei collaboratori”. Ormai l’allevamento ha 7 anni e c’è l’azienda “L’arciere” che attualmente ha nei suoi pascoli 45 capi. E’ quasi mezzogiorno, un’ora durissima per visitarli, soprattutto perché bisogna salire in fila indiana sugli erti camminamenti soleggiati, costeggiando rovi e rovelle ed entrando ed uscendo dagli stazzi mobili che Michele ha predisposto per il passaggio degli animali che da soli si muovono alla ricerca stagionale delle ghiande o delle castagne. I maialini restano indifferenti al nostro passaggio mentre si avvicinano quando Michele fa loro un segnale. Lungo la salita incontriamo una fonte d’acqua che serve per l’abbeveraggio libero mentre Michele ci dice che in tutta l’area ci sono altre fonti Non riusciamo a vedere i confini perché la vegetazione è molto fitta e comunque le proprietà limitrofe sono lasciate all’incolto. Di tanto in tanto qualche gruppetto di maiali grufola mentre in una zona d’ombra e umida c’è una bella scrofa incinta che si riposa. Torniamo in giù attraversando campi di frumento piantati da Michele e che saranno alimento per gli animali quando la stagione non darà frutti, sempre aprendo e chiudendo recinti mobili largamente distanziati gli uni dagli altri. Lo spazio non manca ! Nell’area pianeggiante che introduce al pascolo fervono le attività: su uno spiedo alimentato da un fuoco vivo sta girando uno dei maialini sacrificati alla festa. Uno spazio ombreggiato ospita dei tavoloni messi a U e panche grezze, c’è molta gente che arriva perché oggi Michele e Pina oltre a ricevere la nostra visita di garanzia partecipativa hanno organizzato una festa per far conoscere la loro attività, la loro vita. Ed un progetto solidale da proporre ai consumatori riuniti nei GAS di sostegno ail produttore finanziando con una quota mensile l’allevamento e ricevendo in cambio mensilmente carne fresca o insaccata, a seconda della stagione. Michele mi ha parlato volentieri di sé e mentre si avvicina sua moglie Pina mi dice quasi in un sussurro “ora la visione del futuro riusciamo ad averla”.
E’ una bella festa campestre, visi allegri bicchieri e piatti pieni, molti tra gli ospiti sono produttori di Corto Circuito e Ragnatela, Si prepara un gruppo di musicisti con tammorre e castagnette, Sabatino è tra loro.


(maria rosaria mariniello)


PS Questa cronaca non è sostitutiva delle informazioni elaborate con la scheda di garanzia partecipativa. Vuole soltanto raccogliere testimonianze di vita per approfondire le relazioni umane che debbono necessariamente essere la base dell’esperienza di Corto Circuito Flegreo.


Grazie per i commenti.

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