Sabato 7 luglio 2012
continuiamo le visite ai produttori per Corto Circuito Flegreo
Partiamo
presto da Pozzuoli perché fa molto caldo e vorremmo arrivare
da Sabatino prima delle nove. Destinazione Montoro Inferiore
provincia di Avellino, Località Piano a 170 mt slm sotto il
monte Salto che arriva fino a 1000 mt . Dalla pianura di Montoro ci
dobbiamo un po’ inerpicare tra stradine interpoderali dove il
centro abitato lentamente si dirada per lasciare spazio alla campagna
che sale verso la montagna.
Già
all’imbocco di un tracciato di terra battuta si intravede una casa
bianca con i tetti merlati, è qui che vive Sabatino Cardamone,
in questa vecchia casa costruita alla fine dell’800 all’epoca di
proprietà di un signorotto di Napoli Barone De Felice mentre
la famiglia Cardamone lavorava in colonìa su questi 4 ettari
fino al 1980, e poi, riscattata la proprietà, tutta la
famiglia ci viveva di pascolo, vigneto, bosco e orti.
Entriamo
nella grande stanza del piano terra per un approccio con caffè
prima di andare in giro per la campagna. In un angolo c’è un
grande camino e in giro alle pareti tracce di vite precedenti,
suppellettili che raccontano, foto di gruppo – i cinque fratelli
Cardamone giovanissimi - e foto di sua madre mentre raccoglie i
piselli. Sono incuriosita da quest’atmosfera e spero di trovare un
po’ di tempo per parlare con Sabatino della sua storia anche perché
gli piace l’affabulazione e non sarà difficile farlo
narrare. Ma intanto il sole è già alto e dobbiamo
andare, inoltrarci nei campi che sono tutti intorno alla casa.
Sabatino coltiva soprattutto in simbiosi con il selvatico del luogo
evitando di tagliare o disboscare e per questo tra i filari di
ortaggi di stagione crescono anche le erbe spontanee o altre erbe
trapiantate per diventare poi esse stesse raccolto. Il concime è
lo stallatico che proviene dalla terra contigua su cui uno dei suoi
fratelli alleva cavalli ed altri animali da cortile. Ci tiene a
raccontarci come la somma di queste tante erbe commestibili vanno poi
a comporre un piatto tipico, il “mallone asciatizzo” che il
consumismo alimentare ha cercato di mettere in soffitta ma che lui,
orgogliosamente, ha riportato in vita e la propone sia agli ospiti
che vanno a trovarlo sia nei circuiti solidali in cui porta suoi
prodotti. L’orto è ricco nonostante il luogo sia privo di
acqua ed è per questo che lungo i lati ai bordi delle colture
viene lasciata crescere in modo spontaneo la felce, per trattenere
l’umidità della notte che poi rilascia rugiada al mattino.
Lungo il percorso, evitando di calpestare il seminato, ci indica le
erbe alimentari e quelle mediche, con affetto per ciascuna e verso di
noi con rammarico perché la stagione non è la più
ricca di presenze vegetative. Ci ripromettiamo di tornare in autunno
magari con un gruppo più nutrito per fare un percorso di
conoscenza delle erbe e il loro utilizzo, anche terapeutico. Alberi
di frutta sui terrazzamenti e una serra per le sementi, alcune
antiche ma tutte autoprodotte o ricevute in scambio. Ma soprattutto
dopo un percorso difficile essere riuscito a convincere i confinanti
a superare l’utilizzo di pesticidi lo rende molto fiero. Torniamo
sul sentiero di ritorno perché sono quasi le undici e il caldo
ci avvolge dalla testa ai piedi. Un corpo separato dalla casa merlata
contiene un antico forno, attivo per le esigenze domestiche, dal pane
alle pizze, per solleticare la golosità degli ospiti che vanno
spesso a trovare Sabatino. Sotto il grande gelso fuori l’uscio
della casa restiamo un attimo a bere dell’acqua fresca, ci hanno
raggiunto già altri amici del gruppo di lavoro; poi partiamo
con varie auto per andare a Solofra. Ruberò lì a
Sabatino, mentre stiamo da Michele, un po’ di tempo per ascoltare
pezzi della sua vita.
Sabatino è decisamente un contadino atipico: le sue origini
sono state attraversate da tante esperienze contrastanti tra loro,
dal rifiuto totale con la fuga dalla campagna, e poi gli studi
artistici e di design di moda, e poi indossatore e poi come creatore
con esperienze fatte in Toscana, fino ad aprire un proprio
laboratorio come tagliatore di pelli. Un crescendo di impegni e
responsabilità che lo hanno portato ad un certo momento a fare
i conti con quello che definisce “l’assurdo del mercato”:
competizione, debiti, finanziamenti, ricerca del
profitto…..inquietudine e voglia di scappare di nuovo…..in un
ritorno alla ricchezza del suo passato, ricercando i tanti saperi da
recuperare dalla sua memoria e dalle sue radici. Diventa tenero
quest’uomo grande e grosso, quando mi racconta dei geni familiari
che hanno contribuito alla sua “rinascita”. La nonna materna era
una violinista bulgara, Esvetana, conosciuta da suo nonno alla fine
della prima guerra mondiale che per amore di questo giovane
contadino italiano era arrivata fino al sud e si era adattata alla
vita del borgo senza però mai dimenticare o rinnegare la sua
musica, suonando spesso in piazza e insegnando il bel canto a sua
figlia. Questi ricordi si intrecciano con l’incontro della musica
popolare, a Madonna dell’Arco nel 1990, e l’innamoramento del
ballo sul tamburo che lo conduce ad una ricerca etno-musicale dal
basso, frequentando le numerose paranze dell’avellinese e del
salernitano e fondandone successivamente una propria. Dalla
fantastica nonna riceve in qualche modo anche conoscenze botaniche
legate alle erbe del bosco perché padre e madre erano
farmacisti naturisti, ma non solo da lei ! Nella casa di cortile giù
in paese la nonna e la vecchia vicina, à brigantella, figlia
di un esperto cercatore di erbe per i monaci dei conventi, adottava
Sabatino ò lampariell’ (canarino selvatico) trasferendogli
questo sapere antico come il mondo. Le lezioni dell’infanzia sono
risalite alla memoria spingendolo ad approfondire, studiare,
sperimentare questa ricchezza che la terra ci propone in ogni
stagione.
O’ lampariell era volato via spinto dalla curiosità di
scoprire il mondo ed è ritornato sotto le vesti di Sabatino ò
sciamano.
Siamo
poi a Solofra, terra ricca di acque, secondo alcuni studi, dall’osco
salubrità, che i pastori in transumanza estiva trovavano in
questo luogo. Altri studi propongono sol/ofra offerta al sole un
antico culto sannita in uso presso le popolazioni autoctone
colonizzate poi dai Romani. Entrambe le tesi ci introducono alle
inestimabili ricchezze di questa terra, storiche antropologiche e di
paesaggio. A 384 mt slm circondata dalla catena dei monti
Picentini, la cui cima più alta il Pizzo San Michele ci
abbaglia con i suoi costoni di pietra grigio-bianca, Solofra è
o perlomeno era fino a pochi anni fa un centro di eccellenza per la
concia delle pelli proprio per le attività di pastorizia e
allevamento che tutto il territorio ricco di valloni con acque
sorgive offriva come risorse alle comunità locali. Michele
Luciano fin da piccolo lavorava nella conceria di famiglia e
coltivava una grande passione per la caccia intesa prima di tutto
come attento vagabondare sugli ampi spazi dei territori montani. Poi
prese la decisione di ” farsi grande” aprendo un’attività
di conceria tutta sua e fino al 2001 la sua vita scorreva sui binari
di una certa tranquillità, metteva su famiglia con Pina, dai
carezzevoli occhi azzurri, e nasceva la sua prima bambina. La caduta
delle Torri Gemelle influenzò moltissimo l’attività
di conceria legata com’era ai mercati asiatici che passavano
attraverso New York. Così l’attività languiva fino a
diventare moribonda per le piccole realtà conciarie e per
Michele la decisione dolorosa di liquidare la sua, con un pesante
fardello di debiti che ha pagato fino all’ultimo centesimo. “Mi
mancava la visione del futuro” mi dice con emozione e valutava la
via dell’emigrazione verso la Svizzera ma non ne era convinto, e
neanche Pina, che intanto aveva messo al mondo un altro figlio.
Bisognava allora darsi da fare per creare un’altra attività
e nella ricerca di una terra da destinare a scopo di allevamento
Michele si imbattè in un bel pezzo di montagna di proprietà
ecclesiastica, del tutto abbandonata, in S. Agata frazione di
Solofra località Visciglito riuscendo ad averla in affitto ad
un prezzo abbordabile; inizia così un lavoro duro e di
apprendimento, carpentiere per creare gli ampi stazzi, muratore per
costruire i muretti a secco, e infine allevatore di maiali che lui
stesso definisce “i miei collaboratori”. Ormai l’allevamento ha
7 anni e c’è l’azienda “L’arciere” che attualmente
ha nei suoi pascoli 45 capi. E’ quasi mezzogiorno, un’ora
durissima per visitarli, soprattutto perché bisogna salire in
fila indiana sugli erti camminamenti soleggiati, costeggiando rovi e
rovelle ed entrando ed uscendo dagli stazzi mobili che Michele ha
predisposto per il passaggio degli animali che da soli si muovono
alla ricerca stagionale delle ghiande o delle castagne. I maialini
restano indifferenti al nostro passaggio mentre si avvicinano quando
Michele fa loro un segnale. Lungo la salita incontriamo una fonte
d’acqua che serve per l’abbeveraggio libero mentre Michele ci
dice che in tutta l’area ci sono altre fonti Non riusciamo a vedere
i confini perché la vegetazione è molto fitta e
comunque le proprietà limitrofe sono lasciate all’incolto.
Di tanto in tanto qualche gruppetto di maiali grufola mentre in una
zona d’ombra e umida c’è una bella scrofa incinta che si
riposa. Torniamo in giù attraversando campi di frumento
piantati da Michele e che saranno alimento per gli animali quando la
stagione non darà frutti, sempre aprendo e chiudendo recinti
mobili largamente distanziati gli uni dagli altri. Lo spazio non
manca ! Nell’area pianeggiante che introduce al pascolo fervono le
attività: su uno spiedo alimentato da un fuoco vivo sta
girando uno dei maialini sacrificati alla festa. Uno spazio
ombreggiato ospita dei tavoloni messi a U e panche grezze, c’è
molta gente che arriva perché oggi Michele e Pina oltre a
ricevere la nostra visita di garanzia partecipativa hanno organizzato
una festa per far conoscere la loro attività, la loro vita. Ed
un progetto solidale da proporre ai consumatori riuniti nei GAS di
sostegno ail produttore finanziando con una quota mensile
l’allevamento e ricevendo in cambio mensilmente carne fresca o
insaccata, a seconda della stagione. Michele mi ha parlato volentieri
di sé e mentre si avvicina sua moglie Pina mi dice quasi in un
sussurro “ora la visione del futuro riusciamo ad averla”.
E’
una bella festa campestre, visi allegri bicchieri e piatti pieni,
molti tra gli ospiti sono produttori di Corto Circuito e Ragnatela,
Si prepara un gruppo di musicisti con tammorre e castagnette,
Sabatino è tra loro.
(maria
rosaria mariniello)
PS
Questa cronaca non è sostitutiva delle informazioni
elaborate con la scheda di garanzia partecipativa. Vuole
soltanto raccogliere testimonianze di vita per approfondire le
relazioni umane che debbono necessariamente essere la base
dell’esperienza di Corto Circuito Flegreo.
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