Si vive con meno di quanto si pensi
Rifiutare il dominio del consumismo nella vita di ogni giorno, scegliere di non essere schiavi del lavoro, riscoprire l’agricoltura contadina coltivando un orto, creare relazioni solidali per lasciare spazio ad autoproduzioni e scambi. Sono numerose le esperienze con cui, tra informalità e scarsa visibilità, sempre più persone ripensano i modi non solo di lavorare, mettendo al centro un forte desiderio di autonomia, ma soprattutto di vivere. Raccontare e indagare il lavoro vernacolare è l’obiettivo di “Lavoro ecoautonomo” di Lucia Bertell, edito da elèuthera: qui il paragrafo dal titolo “L’orticoltore: «Sicuramente si vive con meno di quanto si pensi»”

di Lucia Bertell
Nella campagna di Nuoro incontro Mauro Cassini, produttore del Gruppo di acquisto solidale Pira Camusina e della rete Biosardinia. Fa il contadino da alcuni anni, dopo lavori di tipo dipendente.
Mauro mi mostra il suo grande orto dietro la casa, file ordinate e rigogliose di verdure. Il suo racconto lo raccolgo seguendolo. Vuole mostrarmi il suo lavoro. «Quando mi sono reso conto che dovevo re-iniziare mi sono messo alla ricerca di un orto che soddisfacesse le mie esigenze. Avevo già un’idea di come farlo perché Andrea era molto in gamba e avevo capito quello che ci voleva. Ci ho messo dei mesi, ne ho visto parecchi, poi l’avevo praticamente sotto casa: la persona che me l’ha proposto era un mezzo parente e quando l’ho visto mi è piaciuto, mi sono reso conto che era il posto ideale, soprattutto perché c’era acqua a volontà. Certo era incolto, da rimettere in piedi, però c’era già stato l’orto, l’avevano abbandonato da tre-quattro anni, e quindi l’ho ripreso in mano io e ho iniziato da lì. Poi mi sono a mia volta allargato. È un lavoro che mi soddisfa perché è una cosa che ho sempre avuto idea di fare, vengo da una famiglia di contadini, conosco da sempre gli ortaggi, ho studiato biologia, ho sempre lavorato in agricoltura e non ci ho messo tanto per calarmi nella dimensione contadina. Quando mi sono trasferito qui l’avevo già mezzo pensato: se per caso mi va male, posso buttarmi sull’orto biologico, ed è andata proprio così».

Mauro procede nel suo ragionamento e fa una comparazione tra sé e un agricoltore che spinge sulla produzione. «Mi rendo conto che c’è gente, anche qui in Sardegna, che sviluppa una mole di lavoro e produce svariate volte più di quello che faccio io, però alla fine deve barcamenarsi per non perderci. A quel puntoche senso ha fare cinque ettari di pomodori quando alla fine dell’anno arrivi a pareggiare i costi coi ricavi, con tutto quello che comporta fare la monocoltura? Lo stress per il territorio, per le piante, per chi lavora… Con l’agricoltura biologica io faccio la rotazione spinta, come vedi ci sono sempre dieci tipi di verdure diverse, il terreno lo uso quasi tutto l’anno, nei cambi di stagione lavoro di più, però dopo, in estate e in inverno, me la cavo anche con mezza giornata».
Nessun commento:
Posta un commento
Commento Pubblicato