Sul mercato 700mila tonnellate di falsi cibi bio
maxioperazione della Finanza: sette arresti
Una truffa di proporzioni enormi. Dal 2007 gli indagati hanno distribuito alimenti con false etichette "bio", il 10% del mercato nazionale. Sequestrate 2.500 tonnellate di prodotti. Un giro d'affari illegale per 220 milioni di euro. La Gdf: "Nessun pericolo per la salute pubblica"
ROMA - Sequestrate oltre 2.500 tonnellate di generi alimentari spacciati per biologici, ma che biologici non erano, soprattutto frumento, favino, soia, farine e frutta fresca. Ricostruita sulla carta la commercializzazione di oltre 700mila tonnellate di falsi prodotti bio (il 10% dell'intero mercato nazionale), per un valore di 220 milioni di euro. Questi i numeri dell'operazione "Gatto con gli stivali" condotta dalla Guardia di finanza di Verona, che ha arrestato sette persone tra il capoluogo scaligero, Ferrara, Pesaro Urbino e Foggia.IL VIDEO 1
Gli arrestati sono gli architetti di una frode di proporzioni "impressionanti", come sottolineano gli stessi investigatori, iniziata nel 2007 e portata alla luce da una complessa indagine coordinata dalla procura di Verona. Si tratta per lo più di titolari di aziende, ma tra loro risulta anche un dipendente di un ente di certificazione alimentare. Sono accusati di frode in commercio, associazione per delinquere, falso materiale ed emissione di fatture inesistenti.
Queste le identità e i ruoli dei sette arrestati: Luigi Marinucci, 63 anni, di Angiari (Verona), legale rappresentante della Sunny Land Spa e della Società Agricola Marinucci; Davide Scapini, 43, di Sona (Verona), socio al 49% e direttore commerciale della Sunny Land oltre che rappresentante di altre aziende; Angela Nazaria Siena, 39, di San Severo (Foggia), rappresentante della
Dal 2007, secondo quanto evidenziato dalle verifiche sulla tracciabilità dei prodotti, avrebbero distribuito sul mercato 700mila tonnellate di prodotti con etichetta "biologico" in realtà provenienti da Paesi terzi, come la Romania, o destinati ad altro tipo di alimentazione o semplicemente frutto di coltivazioni normali. Il tutto per un valore di oltre 220 milioni di euro.
Una frode che, comunque, non avrebbe attentato alla salute pubblica, come tiene a sottolineare il colonnello Bruno Biagi. "Allo stato - assicura il comandante provinciale della Guardia di Finanza - non ci sono elementi per dire che questi prodotti sono dannosi per la salute. Non ci risulta esserci pericolo per chi ha consumato questi prodotti, sulla base dei dati che abbiamo a disposizione".
Il comandante evidenzia comunque che nel quadro delle indagini sono state materialmente sequestrate 2.500 tonnellate di prodotti, mentre il resto dello smercio è stato ricostruito solo sulla carta, sulla base delle diverse documentazioni che accompagnano il 'viaggio' dei prodotti alimentari indicati come biologici dalla coltivazione alla distribuzione per il mercato.
(06 dicembre 2011)
Dall’esame di tutti i documenti che interessavano le ditte coinvolte si è accertato che il volume di prodotti con falsa certificazione biologica è meno del 2,5% di quello prospettato dalla GdF, che si riferisce all’intera quantità registrata dalle ditte indagate, che risulta perdipiù frutto anche di fatturazione fittizia: non a caso agli arrestati vengono addebitati i reati di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture e altri documenti inesistenti, la dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici e l’emissione di fatture per operazioni inesistenti.
RispondiEliminaAnche il valore dei prodotti accompagnati da certificati falsificati è nettamente inferiore a quello stimato la settimana scorsa: applicando le quotazioni di mercato odierne, arriviamo a fatica a 5 milioni di Euro (contro i 220 milioni di cui s’era parlato: anch’essi sono riferiti al
volume d’affari complessivo delle società coinvolte, sempre gonfiato da operazioni inesistenti).
È stato anche accertato che la frode si è protratta da ottobre 2007 ad agosto 2008 e ha riguardato esclusivamente orzo, mais e soia per mangimi, girasole, farro, 2 partite di frumento e delle mele da purea.
Il perimetro della frode (che innegabilmente c’è stata, ma si palesa più come “frode fiscale” che come “frode biologica”), va assai ridimensionato.
Ciò non basta a rasserenare le 47.658 aziende perbene e le oltre 300.000 persone che lavorano nel settore biologico italiano (che sono parte lesa e attraverso le loro organizzazioni stanno costituendosi parte civile nel processo), ma dà almeno la dimensione corretta.