giovedì 16 maggio 2013
SALVIAMO IL PAESAGGIO MOZIONE POLITICA BOLOGNA 4 MAGGIO
Forum Italiano dei Movimenti per la Terra e il Paesaggio
MOZIONE APPROVATA IL 4 maggio 2013 A BOLOGNA
DALL’ASSEMBLEA NAZIONALE
DEL FORUM SALVIAMO IL PAESAGGIO
Gli effetti della crisi ambientale, sociale, economica e finanziaria si sono esasperati nel corso dell'ultimo
anno e mezzo, rendendo ancor più attuale e necessario il messaggio che abbiamo scelto di
racchiudere nel nome stesso della rete cui abbiamo dato vita nell'ottobre dell’anno 2011: “Salviamo il
paesaggio, difendiamo i territori”.
Per questo, le 911 organizzazioni aderenti al Forum italiano dei movimenti per la terra e il
paesaggio, che si è riunito a Bologna sabato 4 maggio 2013 per celebrare la sua terza assemblea
nazionale:
VOGLIONO ribadire con forza – chiedendo di condividere a tutti i livelli (politico, istituzionale,
associazionistico, privato) – il concetto che il suolo libero e il suolo fertile sono beni comuni degli
italiani, fondamento di tutte le funzioni ecosistemiche che stanno alla base della vita di ognuno,
dai quali si ricavano prima di tutto cibo, salute, sicurezza ambientale e bellezza, un immenso patrimonio
culturale collettivo e condiviso, di questi tempi la più grande opportunità economica per la Nazione. Una
risorsa insostituibile e non rinnovabile, sulla quale si può costruire il futuro del Paese e si
possono creare tante opportunità di lavoro per le nuove generazioni;
VOGLIONO ribadire la necessità di considerare il valore assoluto ecologico-economico del suolo
libero e del suolo fertile;
VOGLIONO segnalare che il settore agricolo e il settore turistico, due grandi asset strategici del
Paese, generatori di cultura, benessere e ritorno economico, che sono stati troppo spesso relegati in
secondo piano da chi progetta il futuro dell’Italia, non possono prescindere dalla salvaguardia dei
territori liberi dal cemento, non consumati, non compromessi per sempre a scapito della collettività
per inseguire soltanto interessi privati.
INVITANO il governo a prendere atto che un ciclo economico fondato sul cemento che consuma nuovo
suolo (libero e/o agricolo) è terminato, come ben evidenziano i dati sugli immobili costruiti negli ultimi
anni e rimasti invenduti o mai immessi sul mercato (670mila, secondo Nomisma).
Nel 2012 lecompravendite nel settore immobiliare sono state 444.018 e segnano un meno 25,8% rispetto al 2011(Agenzia del territorio). Fatto 100 il dato del 2005, oggi l'indice misura 50 (fonte Banca d'Italia) e la
contrazione dei consumi di cemento tocca, a fine 2012, il meno 45% rispetto al “picco” del 2006, e un
meno 22% sul 2011 (Aitec), come confermato anche dalla scelta del principale operatore dell'industria
del cemento, che nell'ultima assemblea degli azionisti, a metà aprile, ha annunciato che ridurrà da 17 a
8 il numero degli impianti attivi sul territorio nazionale, consapevole di un trend ormai incontrovertibile.
CHIEDONO, pertanto, all'Anci (Associazione nazionale dei Comuni italiani), all'UPI (Unione della
Province italiane) e alle Regioni di affiancare i comitati locali di “Salviamo il paesaggio” nella richiesta a
tutti i propri aderenti di portare avanti il “censimento del cemento”, secondo lo schema elaborato dal
nostro Forum, utile a fornire uno strumento di valutazione che permetterà di verificare la congruità delle
previsioni di nuovi insediamenti residenziali, industriali/artigianali e commerciali, e di garantirne la
realizzazione solo dove essi siano davvero necessari.
INVITANO le amministrazioni comunali a voler valutare con grande attenzione la recente sentenza del
Consiglio di Stato (6656/2012) in merito alla non esistenza di “diritti edificatori” di suoli non ancora
edificati, che evidenzia la non sussistenza di alcun fondamento giuridico sulla cui base il proprietario di
un terreno possa rivendicare un “diritto preesistente” (per altro già preceduta da numerosi altri casi
giurisprudenziali antecedenti). Ciò offre, inoltre, un corretto approccio al concetto di “pianificazione” in
funzione dello sviluppo complessivo e armonico di un territorio, che tenga conto sia delle potenzialità
edificatorie dei suoli (non in astratto ma in relazione alle effettive esigenze di abitazione della comunità
ed alle concrete vocazioni dei luoghi) sia dei valori ambientali, paesaggistici, di salvaguardia delle
funzioni ecologiche e dei servizi ecosistemici, delle esigenze di tutela della salute, delle esigenze
economico-sociali della comunità radicata sul territorio;
IMPEGNANO, al contempo, il Governo a inserire nel calendario dei lavori parlamentari quanto prima
presso le commissioni competenti il ddl “Salva suoli”, per realizzarne - in particolare - i punti che
prevedono una moratoria triennale sul consumo di nuovo suolo agricolo e di ricondurre l'utilizzo
degli oneri di urbanizzazione alle proprie finalità originarie, togliendo queste entrate dalla capacità di
spesa corrente degli enti locali;
RICHIEDONO, contestualmente, di pensare ad una riforma del sistema fiscale finalizzata a premiare le
entità e le attività che lavorano per la conservazione e la riproduzione delle risorse e del paesaggio e a
penalizzare le entità e le attività che, al contrario, contribuiscono allo spoglio del Capitale Naturale e del
paesaggio;
INVITANO lo stesso esecutivo a non considerare una risposta alla crisi gli investimenti in (nuove)
autostrade, da realizzare in larga parte facendo ricorso allo strumento del project financing; quello che
a prima vista è un (possibile) palliativo di fronte alla crisi dell'industria delle costruzioni rischia di
trasformarsi in un boomerang, dato che è manifesta l'incapacità di finanziamento di queste opere da
parte del sistema bancario privato, una incapacità che – come dimostrano gli esempi lombardi di TEEM
e Bre.Be.Mi. – finisce col far gravare il costo delle opere sui risparmiatori (quelli che tengono il proprio
denaro depositato in libretti postali e Bfp, che forniscono liquidità a Cassa depositi e prestiti, ad
esempio). L'Italia non ha bisogno di 32 nuove autostrade (Altreconomia), né di meccanismi come lo
sconto fiscale introdotto a fine 2012 dal governo Monti o i project bond, varati dallo stesso esecutivo nel
tentativo di avviare a tutti i costi i cantieri di “grandi opere inutili e dannose”.
SOLLECITANO, dunque, la necessità di cambiare l’approccio nei confronti delle infrastrutture: da
strutture d’innesco di sviluppo a strutture che accompagnino lo sviluppo.
RITENGONO, in merito al project financing, necessaria una moratoria sull'apertura di ogni nuovo
cantiere fino alla firma del finanziamento, il cosiddetto “closing finanziario”, e richiedono un bilancio
costi-benefici serio, almeno a medio termine, che includa anche i servizi degli ecosistemi e del
paesaggio, alla base di qualsiasi proposta;
INVITANO, sempre in merito alle grandi opere, il Governo a considerare conclusa, e con esito
fallimentare, l'esperienza della legge Obiettivo, che negli anni ha visto lievitare il numero delle opere
incluse nella stessa, ma ha mostrato una scarsissima capacità di portarle a termine (secondo un
dossier del Wwf, dopo dieci anni, a metà 2011, il numero delle opere terminate era di 30 per un costo
complessivo di 4,467 miliardi di euro, che sono equivalenti ad un modestissimo 1% del valore
complessivo del Programma);
prendendo atto delle recenti dichiarazioni di autorevoli rappresentanti di primarie associazioni datoriali e
sindacali (Confindustria, Confcommercio, Confartigianato, Confcooperative e Fillea Cgil in
primis) che sollecitano, concordemente con i nostri appelli, la necessità di riorientare il mercato edilizio
verso il recupero del vasto stock immobiliare attualmente sfitto, vuoto o non utilizzato in luogo delle
nuove edificazioni, INVITANO il mondo politico ed amministrativo a concentrarsi su una concreta
valorizzazione del patrimonio esistente come leva sociale e anche economica - tenendo conto del
sempre più urgente fabbisogno di edilizia residenziale pubblica e sociale, dunque, ponendo la pubblica
amministrazione alla guida della fase di transizione senza condizionamenti da parte del libero mercato;
RICORDANO che la crisi economica attuale è anche frutto del "connubio perverso" tra finanza e
mercato immobiliare che ha trasformato le costruzioni in beni di investimento. La rendita passiva
in Italia copre il 32% del Pil (contro il 15% circa di economie più equilibrate) a scapito di settori
direttamente produttivi, della loro capacità di assorbire manodopera e di iniettare risorse attive nei
sistemi economici. Si continua a ritenere il "mattone" una leva di "crescita" mentre la grande quantità di
invenduto mette in evidenza che è saltato il rapporto tra domanda e offerta e che continuare in questa
direzione non può che aggravare la congiuntura negativa e allontanarci sempre più dallo sviluppo.
Vanno trovate soluzioni per limitare la rendita passiva e per controllare e redistribuire le plusvalenze
accumulate dall'immobiliare. La discussione sull'Imu, a scapito di interventi pubblici sull'occupazione o il
welfare, non è che l'epilogo di una condizione dominata dalla rendita a scapito di impieghi produttivi
delle risorse;
come conseguenza della contrazione negli investimenti in ambito infrastrutturale e nella produzione di
cemento, CHIEDONO di intervenire in modo adeguato in relazione al fabbisogno del materiale di
cava, promuovendo – laddove possibile – anche il riutilizzo del rifiuti proveniente da demolizioni,
oggi classificati come rifiuti speciali in modo “indifferenziato”;
SUGGERISCONO di dar corpo agli enunciati dell'Enea per il progetto di investire nel rendere più
efficienti il 35% degli edifici pubblici, consentendo il significativo avvio di una concreta attuazione di
politiche nazionali di risparmio energetico e di riduzione delle emissioni di CO2 in atmosfera, nonché un
risparmio immediato di circa il 20% della bolletta attuale e favorire un effetto positivo sull’economia del
paese, stimato in un incremento di circa lo 0,6% del PIL.
SUGGERISCONO di lasciare la strada delle “grandi opere” per dedicarsi alle “piccole opere” di
riconversione ecologica, di lotta al dissesto idrogeologico, di percorsi ciclabili panoramici attorno alle
bellezze della nostra Italia.
SALUTANO la nascita, oggi a Milano, della Rete per una #MobilitàNuova, esperienza cui hanno
aderito molte della realtà aderenti al Forum, e in particolare i molti comitati che si oppongono alla
realizzazione di nuove autostrade. Siamo convinti che un'alleanza tra pedoni, pedali e pendolari possa
portare il Paese fuori dal paradigma “autocentrico”, in particolare attraverso l'adozione di un nuovo
modello di valutazione del fabbisogno infrastrutturale del Paese, che vada a canalizzare le risorse
pubbliche disponibili verso tutti quegli interventi che favoriscono una mobilità di tipo “dolce”, nel rispetto
delle funzioni degli ecosistemi e della valorizzazione del paesaggio.
Grazie per i commenti.
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