La recensione di Sandro Medici – candidato indipendente a sindaco di Roma – di “Senza soldi”, il libro edito da Intra Moenia con Democraziakmzero e Altramente (http://www.democraziakmzero.org/2013/05/03/senza-soldi-il-libro/). La recensione è stata pubblicata dal manifesto del 16 maggio 2013.
Ecco l’articolo.
Sopravvivere alla crisi non è solo una necessità. Non riguarda solo dove cercare occasioni di reddito, cosa progettare per promuovere lavori e attività produttive. Quel che sta affiorando nel mondo, tra le mille e mille esperienze «ostinate e contrarie», è anche (in alcuni casi, soprattutto) inaugurare pratiche di relazione libere dall’ossessione del profitto e dalla ferocia dello sfruttamento. Un’insorgenza di nuovi itinerari che sfuggono all’angustia mortifera di un capitalismo che debilita popoli e territori. Un processo diffuso e multiforme che introietta l’asprezza della crisi come bisogno di soluzioni alternative da sperimentare nel concreto. Siamo infatti nel pieno di un collasso finanziario che scompensa e devasta l’economia planetaria e che nessuno sembra in grado di sanare. la posta in gioco è come uscire dalla crisi prefigurando modalità e pratiche che si discostino dai modelli speculativi all’origine della crisi stessa. Per esempio, collaudando un’economia che faccia a meno dell’intermediazione monetaria.
È già successo che nei cicli critici del capitalismo maturassero forme economiche alternative, con cui le comunità sociali riuscivano a difendersi dall’impoverimento, trovando via via gli antidoti con cui riassestare la propria condizione materiale. Ma di questi tempi, fors’anche per la natura strutturale della crisi, l’impressione è che si stia componendo un modello destinato a cambiare profondamente sia i processi produttivi, sia le coordinate sociali del consumo e dello scambio. Una nuova cultura economica, insomma. Una trasformazione che riattualizza antiche modalità di mutuo soccorso e promuove, allo stesso tempo, un’inedita gestione delle risorse, rispettosa dell’esigenza redistributiva. Se non fosse una definizione inflazionata, si potrebbe parlare di economia come bene comune. Né privata né pubblica: un’autoproduzione di alimenti e merci, servizi e opere immateriali, frutto di consapevolezza culturale e autorganizzazione politica.
Grazie per i commenti.
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