Buon compleanno, crisi!
Sono già passati cinque anni, e sembra ieri. Sembra ieri che i mutui subprime
iniziavano a incrinare il sistema finanziario statunitense. Svelando
definitivamente la pericolosità del sistema finanziario globale.
di Pietro Raitano - 21 agosto 2012
Nel novembre 2007 pubblicavamo un dossier dal titolo “La resa dei conti”. Leggete qua: “L’attacco al lavoro è un fenomeno mondiale, come mondiale è il fenomeno della crescita delle Borse e delle banche, l’altra faccia della stessa medaglia. […] È una costante: quando la distribuzione della ricchezza si fa più iniqua, l’economia si avvia verso la finanziarizzazione. Le banche oggi stanno privilegiando il finanziamento alle operazioni speculative. […] Il piano perfetto di un sistema deviato: prima impoverisce la gente e allaga le banche con soldi dei ricchi, poi spinge gli impoveriti a indebitarsi per evitare che il sistema si inceppi. Cerchiamo una soluzione prima che sia troppo tardi”.
Lo scriveva Francuccio Gesualdi su questa rivista, cinque anni fa.
E adesso -siamo nello stesso periodo- leggete qui: “Quella in atto è una correzione, come ce ne sono state altre. No, non vedo in arrivo lo scoppio di una bolla come quella della new economy. Ultimamente si era esagerato un po’ a prestare denaro, ora è in atto una forte correzione, tutto qui”. E ancora: “Finora non è accaduto nulla di catastrofico, né a mio parere accadrà”. Parole dell’economista Alberto Alesina. Faceva eco il collega Francesco Giavazzi: “La crisi del mercato ipotecario americano è seria, ma difficilmente si trasformerà in una crisi finanziaria generalizzata. Nel mondo l’economia continua a crescere rapidamente. La crescita consente agli investitori di assorbire le perdite ed evita che il contagio si diffonda”.
Sempre il 2007. Nel settembre 2008, dopo il fallimento della Lehman, Giavazzi scrive “Ieri è stata una buona giornata per il capitalismo”.
Sappiamo quasi tutto di ciò che -da 5 anni- sta accadendo, cause ed effetti. Sappiamo anche che non ne usciremo finché saremo governati (politicamente, economicamente, culturalmente) da un gruppo di persone che -nel 2012!- parla del sistema economico come se fossimo alla ricerca del Bosone di Higgs: un sistema naturale autoregolamentato.
Parlano di lunedì nero, dicono che la speculazione colpisce di più ad agosto come se si trattasse di incendi causati dalla siccità, ci spiegano che il contagio è iniziato e che siamo nella tempesta.
Salvo forse far finta di niente quando -nel frattempo- vengono fuori gli scandali del tasso Libor manipolato (il prossimo sarà l’Euribor), dei derivati venduti ai Comuni dalla banche (condannate), delle agenzie di rating pilotate, dei 93 milioni di sterline che la lobby della City di Londra spende per convincere i politici. Oppure, glissare sui 4.700 miliardi di euro che, a partire dalla “buona giornata per il capitalismo”, i contribuenti europei e statunitensi hanno versato per salvare il sistema bancario. Sempre bene tenere aggiornato questo dato: i conti li ha fatti Mediobanca, e per l’Italia stiamo parlando di 4,1 miliardi fino al novembre 2011, cui nel frattempo andrebbero forse aggiunti i 2 miliardi di Tremonti bond chiesti da Mps a giugno.
Mentre tutte queste persone parlano, la gente comune fa i conti con la precarietà, la disoccupazione, il taglio dei diritti e un ambiente sempre più deteriorato. E per questo cerca l’alternativa, non nei libri di fisica ma nella prassi, nelle relazioni.
Sull’alternativa noi abbiamo un suggerimento: impariamola dalla filiera del cibo. Quando è virtuosa, è in grado di trasformare tutto: diritti, sicurezza, tutela dell’ambiente, efficienza, recupero, benessere, socialità. E finanza, anche, ma utile allo sviluppo e non “marcia”, per citare l’Economist. Il cibo cambia il mondo.
“I poveri -scrive John Steinbeck in Furore- accorrono con le reti per pescare le patate nel fiume, e le guardie li respingono: accorrono nei loro veicoli sgangherati per cogliere le arance, e le trovano imbevute di petrolio. E restano lì, a veder scorrere le patate nel fiume, a sentire gli strilli dei maiali sgozzati nei fossi e sepolti sotto la calce, a osservare le montagne d’oro liquefarsi in putrida broda. E gli occhi dei poveri riflettono, con la tristezza della sconfitta, un crescente furore. Nei cuori degli umili maturano i frutti del furore e s’avvicina l’epoca della vendemmia”.
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