lunedì 1 ottobre 2012
Flop delle privatizzazioni agricole
Flop delle privatizzazioni agricole solo 80 milioni dai terreni di Stato
PAOLO FREDIANI ROMA - Dovevano essere sei miliardi di euro, un tesoretto
da portare direttamente a riduzione del debito pubblico. Invece, il
governo rischia di raccogliere solo briciole. Nel lungo elenco di norme
approvate dal Parlamento ma ancora in attesa di decreto attuativo, c' è
anche quell' articolo7 della legge di Stabilità dell' anno scorso che
prevede la vendita dei terreni agricoli di proprietà del Demanio. Era il
novembre 2011, e a capo dell' esecutivo c' era ancora Silvio
Berlusconi. La Coldiretti aveva da poco presentato uno studio che, sulla
base dei dati Istat e Inea disponibili allora, stimava in 330mila
ettari le superfici coltivabili in mano pubblica, per un valore medio di
18.500 euro. Il governo di centrodestra, che di lì a poco si sarebbe
dimesso, aveva deciso di cogliere la palla al balzo e vendere le terre
per fare cassa. Dopo mesi di ritardi, il ministero delle Politiche
agricole ha concluso un primo censimento delle aree che possono essere
cedute, e la distanza tra le aspettative e la realtà difficilmente
poteva essere più grande. Gli immobili da vendere sono 1853 - a cui se
ne sommano 65 da affittare -, per un totale di 60mila ettari. Inoltre,
il valore stimato dei terreni è di 82 milioni di euro. Una cifra che, se
confermata, difficilmente potrebbe scalfire un debito pubblico che
sfiora i 2mila miliardi. Il ministero presieduto da Mario Catania prende
le distanze: «Non sono stati i nostri uffici a prevedere sei miliardi
di entrate, e l' articolo 7 della legge Stabilità non riporta alcuna
cifra». Alcuni terreni potrebbero essere sfuggiti al censimento e il
valore di alcuni immobili potrebbe essere sottostimato. Dal conteggio
inoltre, sono escluse le aree in mano agli enti locali, che possono dare
mandato all' Agenzia del demanio di vendere le loro terre. Ma è
difficile aspettarsi grandi sorprese: «Stato, Regionie Comuni non
posseggono molti terreni di valore - dice Roberto Pretolani,
vicedirettore del dipartimento di Economia e politica agraria dell'
università Statale di Milano -. Normalmente la pubblica amministrazione
si fa carico di aree difficili da vendere, perché soggette a forti
vincoli su ciò che si può costruire, o perché adibite ad attività poco
redditizie, come i pascoli». Nel censimento dei terreni cedibili,
portato avanti da Ismea e dall' Agenzia del demanio, c' è un altro dato
che desta preoccupazione. Per evitare svendite del patrimonio pubblico e
speculazioni, la legge ha previsto che gli immobili di valore superiore
ai 100mila euro debbano essere venduti con asta pubblica e non con
trattativa privata. Peccato che, secondo le prime stime, a valere meno
di 100mila euro siano 1738 aree agricole su 1853. A fare da argine agli
abusi, rimangono le norme che prevedono il diritto di prelazione per i
giovani agricoltori e che, per vent' anni, ai terreni non possa essere
attribuita una destinazione urbanistica diversa da quella agricola.
Resta da vedere come la materia sarà trattata nel decreto attuativo, di
cui si attende la pubblicazione dal 30 giugno.
Grazie per i commenti.
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