Gli unici dati presentati dai ministeri delle Politiche agricole e forestali, dell’Ambiente e della Salute sullo stato di contaminazione nei 57 Comuni perimetrati (diventati nei mesi successivi 88), risalgono alla conferenza stampa dell’11 marzo 2014. I risultati delle indagini dirette sui terreni di 51 siti definiti “prioritari e maggiormente a rischio” in 7 Comuni non sono ancora stati resi noti, anche se i lavori sul campo sono stati conclusi e la pubblicazione dei risultati doveva essere fatta entro il 9 giugno 2014. Un comunicato scarno, però, arriva il 15 febbraio 2015 (con otto mesi di ritardo) congiuntamente dai tre dicasteri che annunciano i risultati delle analisi sui siti prioritari: “su un totale di 42,95 ettari di superficie agricola classificata, risultano nella classe a (terreni idonei alle produzioni agroalimentari) 15,53 ettari pari al 36,1 per cento. Rientrano, invece, nella classe d (terreni con divieto di produzioni agroalimentari) 15,78 ettari pari al 36,7 per cento. I rimanenti 11,6 ettari, pari al 27 per cento rientrano nella classe b (terreni con limitazione a determinate produzioni agroalimentari in determinate condizioni).
Parole in parte rassicuranti che però, senza la pubblicazione dei dati, non lasciano ancora conoscere l’entità del fenomeno inquinamento nelle aree a cavallo delle province di Napoli e Caserta simbolo e paradigma dei traffici illeciti di rifiuti e dell’estrema pericolosità dell’ecomafia. Una terra “martoriata” nella sua essenza più profonda ed ignorata per decenni.
Anche le bonifiche rimangano una chimera: nella maggior parte dei casi tali operazioni non sono neanche iniziate. Fino ad oggi non sono state previste neanche le attività di risanamento delle falde fortemente contaminate e nelle aree agricole, presenti in aree potenzialmente inquinate e vicine ad impianti di smaltimento rifiuti, non sono state attivate procedure di analisi e caratterizzazione.
Il paradosso denunciato da Legambiente è che il risanamento ambientale di questo territorio sia ancora fermo al palo a 17 anni dall’inserimento del sito nel Programma Nazionale di Bonifica. Addirittura nel 2013 il Governo, incomprensibilmente, declassa l’area da Sito di Interesse Nazionale a Sito di Interesse Regionale. A seguito di tale decisione Legambiente ha presentato un ricorso al Tar del Lazio.
Su oltre 2.000 siti contaminati individuati nell’area dell’ormai ex sito di interesse nazionale “Litorale Domitio Flegreo e Agro Aversano”, solo per lo 0,2% sono stati fatti o sono in corso le attività di bonifica, solo il 21,5% è stato caratterizzato e analizzato, mentre per circa il 74% non è stata ancora svolta nessuna attività.
Paradossali ritardi riguardano anche le aree più critiche le cosiddette “aree vaste”, tra cui quelle di Giugliano in Campania, che comprende anche la discarica ex Resit, dove sono state smaltite circa 340mila tonnellate di rifiuti speciali pericolosi, oltre 160mila di rifiuti speciali non pericolosi (qui la caratterizzazione della discarica è completata ma non è ancora partita la messa in sicurezza permanente). Sulle bonifiche incombe, inoltre, il rischio delle infiltrazioni ecomafiose. Come denunciato anche da numerosi rappresentanti istituzionali. In Campania e nel resto del Paese le 19 indagini su smaltimenti illegali di terre e rifiuti derivanti da operazioni di bonifica censite da Legambiente dal 2002 ad oggi, hanno già portato all’emissione di 150 ordinanze di custodia cautelare, alla denuncia di 550 persone e al coinvolgimento di 105 aziende.
In questi giorni si stanno discutendo in Senato gli ultimi emendamenti per l’approvazione definitiva del ddl sugli ecoreati. L’approvazione di questo provvedimento potrebbe dare speranza per avviare una seria rinascita e riscatto della Terra dei Fuochi.
Da parte della nostra associazione si sta lavorando a promuovere la Terra Felix , il modo di vedere il bicchiere mezzo pieno, di affermare che i paesaggi, la gente, l’enogastronomia, l’immenso patrimonio storico-artistico, la cultura, la musica e anche la terra costituiscono un patrimonio di inestimabile valore, vero volano di sviluppo per tutto il territorio.
Simbolo di questo riscatto, il Casale di Teverolaccio, a Succivo (CE), una masseria fortificata, situata nell’agro aversano, in cui Legambiente e una rete di partner, ha realizzato -sottraendolo dal degrado- un giardino con un percorso sensoriale e 18 orti sociali, una sala espositiva e laboratori di manualità e un eco-ristorante a km zero. E che oggi accoglie migliaia di studenti e ospiti da Campania e Molise.
E allora, mentre il governo cerca di trovare tempo e soldi per spegnere questi “fuochi”, noi a modo nostro, volontariamente, vogliamo promuovere e valorizzare un territorio che continua orgogliosamente a contribuire al made in Italy sul piano economico, sociale e culturale.
La nostra Terra ha ancora tanto da raccontare. Siamo fermamente convinti che la sola denuncia non basti a mettere in moto il processo di cambiamento necessario a rendere le nostre città più vivibili, ma bisogna favorire con ogni mezzo a disposizione le iniziative che esaltano il valore del nostro territo
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