lunedì 30 gennaio 2012

GIU' LE MANI DA TERRA MADRE

Un Paese che vende le terre agricole pubbliche rinuncia definitivamente alla propria sovranità alimentare.

Si sono venduti l’energia, i trasporti, gli acquedotti, gli immobili, le strade e adesso si vendono pure la Madre.
Si concepisce la Terra solo in termini di possesso, come bene escludente, oggetto di diritti di proprietà. In nome della proprietà la terra continua a essere violentata: dal folle processo di urbanizzazione senza regole se non quelle della rendita e del profitto.
Forse non tutti sanno che l’art.7 della legge del 12 novembre 2011 programma in tempi rapidi l’alienazione (vendita) dei terreni agricoli demaniali. La fine arguzia degli emendamenti apportati dal più recente Dercreto Monti è addirittura peggiorativa estendendo il provvedimento ai terreni “a vocazione agricola”.Eccoci dunque arrivati a quella che potrebbe essere l’ultima tappa di un oscuro cammino iniziato 2 decenni fa circa, un processo di svendita dei beni pubblici a privati in nome di una più efficiente gestione, come se la logica del profitto privato avesse mai reso dei servigi alla collettività. Si sono venduti l’energia, i trasporti, gli acquedotti, gli immobili, le strade e adesso si vendono pure la Madre: si vogliono vendere la terra in un contesto internazionale dove sta crescendo a ritmo costante il fenomeno denominato land grabbing, l’accaparramento di terreni agricoli da parte di soggetti economicamente forti (paesi in forte crescita e multinazionali) e da parte di speculatori finanziari senza scrupoli, interessati unicamente ad individuare nuove fonti di profitto per i propri capitali da investire.

Ecco quindi chi sono i veri destinatari di questa manovra, non certo i giovani imprenditori agricoli di cui parla il comma 2: “…al fine di favorire lo sviluppo dell’imprenditorialità agricola giovanile è riconosciuto il diritto di prelazione ai giovani imprenditori agricoli”. Garantire l’accesso alla terra ai giovani o a chiunque voglia lavorarla non vuol dire garantirne la proprietà e la compravendita – meccanismo questo che per un giovane agricoltore comporta l’indebitamento con le banche – bensì elaborare una serie di normative che favoriscano e sostengano chi vuole iniziare un’attività agricola mettendogli a disposizione l’uso agricolo della terra garantito contro ogni possibile speculazione. Proseguendo invece nella lettura del comma 2, che con tanto nobili propositi era cominciato, si legge: “Nell’eventualità di incremento di valore dei terreni alienati derivante da cambi di destinazione urbanistica intervenuti nel corso del quinquennio successivo alla vendita, è riconosciuta allo Stato una quota pari al 75% del maggior valore acquisito dal terreno rispetto al prezzo di vendita”. Quindi lo stato si limita a disincentivare il cambiamento d’uso dei terreni per soli 5 anni senza altra garanzia di salvaguardia ambientale; anzi considera possibile un loro cambio di destinazione già nel primo quinquennio successivo alla vendita.

Concludendo questa lettura troviamo lapidario il comma 5: “Le risorse nette derivanti dalle operazioni di dismissioni di cui ai commi precedenti sono destinate alla riduzione del debito pubblico”. Le risorse nette derivanti equivarrebbero a circa 6 miliardi di euro, una goccia nel mare del debito (circa 1800 miliardi) quando il costo stimato delle opere per la TAV in Val di Susa è di 20 miliardi! Con il risultato di essersi sbarazzati del patrimonio senza tappare alcun buco di bilancio, senza poter tornare indietro visto l’articolo che tutela la proprietà privata.

Le terre che saranno vendute non potranno mai più tornare pubbliche!

A questo punto sentiamo l’urgenza di dire che un paese che vende le terre agricole pubbliche è un paese che rinuncia definitivamente alla propria Sovranità Alimentare, è un paese che mette con prepotenza l’interesse privato al di sopra del bene comune, è un paese che non saprà come raccontare ai propri figli che si è venduto la terra in nome del bilancio finanziario.
La vendita delle terre dello stato deve essere fermata!
Ridiscutiamo, invece, le modalità di gestione delle terre agricole di proprietà degli enti pubblici.

PROPOSTE

Noi rete delle associazioni contadine proponiamo che le terre di proprietà pubblica individuate in base all’art. 7 della legge di stabilità siano oggetto non di vendita ma di nuovi piani di allocazione:

- che ci si indirizzi verso affitti di lunga durata a prezzi equi a favore di agricoltori o aspiranti tali, sulla base di progetti che escludano attività speculative.

- si favorisca l’agricoltura contadina di piccola scala,che è l’unica che può sfamare il mondo senza causarne il dissesto, ma anzi arricchendolo e preservandone la biodiversità seguendo le richieste della Campagna per l’Agricoltura Contadina;

- si prediligano progetti di cohousing, cioè di condivisione solidale dei beni e delle risorse, perchè la buona agricoltura è quella fatta con tante braccia pensanti e con poche macchine.

-Si individuino percorsi partecipati che sappiano coinvolgere nella progettazione la comunità locale e le realtà contadine di nuovo insediamento.

- si renda possibile la costruzione con materiali naturali di abitazioni rurali a bassissimo impatto ambientale come legno e paglia, ma totalmente vincolate all’attività agricola. Questo perchè chi lavora la terra deve anche poterla abitare.

a cura del Movimento per l’accesso alla terraaccessoallaterra@inventati.org

lunedì 23 gennaio 2012

VENERDI 27 ore 20.00 DA CION-CION L'ORA DEL CAMBIAMENTO

Importante per gli interessati al gas ( gruppo di acquisto solidale) flegreo.


II° Appuntamento fisso mensile della rete sociale ed ecologica Cortocircuito flegreo Associazione della filiera corta flegrea.


Ogni ultimo VENERDI DEL MESE ALLE ORE 20.30 NELLA LIBRERIA CION-CION via solfatara 8 POZZUOLI ( poco dopo il ponte della metropolitana di Pozzuoli) .


L’arte del cambiamento. Ogni ultimo venerdi del mese attraverso i mezzi dell’arte e dell’immaginario ( cinema, docu-film- teatro, fotografia, letteratura, etc..) ci incontreremo nuovamente e approfondiremo, in maniera conviviale, i nostri temi e in modo particolare il tema dell’ agriCultura con la C maiuscola.


Proiezione del Documentario :

THE MAN WHO STOPPED THE DESERT di MARK DODD.


«Un contadino senza terra non è più un uomo». Sono parole di Ndogou Fall, presidente del Roppa, rete delle organizzazioni contadine e dei produttori dell’ Africa occidentale [alla quale aderiscono oltre 30 milioni di contadini] scomparso di recente. A lui è stato dedicato il Festival delle Terre, ottava edizione del Festival Internazionale Audiovisivo della Biodiversità, la rassegna di cinema e non solo, promossa da Crocevia e Mediateca delle Terre.

A vincere il Premio Bioversity dell’ottava edizione del Festival Internazionale Audiovisivo della Biodiversità è stato The Man Who Stopped the Desert di Mark Dodd, l’incredibile storia di Yacouba Sawadogo, un contadino che da solo in Burkina Faso ha difeso la terra dall’avanzata del deserto piantando centinaia di alberi.

Il prossimo venerdi è il 27 GENNAIO .L’evento lo segnaleremo sul nostro blog: http://cortocircuitoflegreo.blogspot.com

In occasione dell'ora del Cambiamento di Venerdi, invitiamo tutte le persone che in questi mesi ci hanno segnalato e manifestato la loro volontà di partecipare alle attività del GAS FLEGREO “ TERRA DEL FUOCO”. Nell'occasione racconteremo le attività del GAS, e illustreremo le procedure di acquisto, consegna e ritiro delle cassette del PICCOLO PANIERE GAS ( PPGAS) . non mancate

domenica 22 gennaio 2012

venerdì 20 gennaio 2012

CIBUS IN PRIMIS

CORTOCIRCUITO FLEGREO e STUDIO AGERNOVA
organizzano

Cibus in Primis
Corso di Agroecologia

"Agricoltura ed Alimentazione Biologica: Diritti dei Cittadini e Doveri delle Istituzioni"
"Orto-frutticoltura e Viticoltura Biologica Sinergica“
“Mangiacomeparli: come difendersi da Pesticidi ed OGM”
PER TECNICI, AGRICOLTORI, CONSUMATORI, MEDICI, DOCENTI, STUDENTI, ISTITUZIONI POLITICHE
Sabato 11 Febbraio: h 9,30 - 19 (1 h pausa) e Domenica 12 Febbraio: h 9,30 - 12,30

sede del corso
Baia - Bacoli (Napoli)
Terme Stufe di Nerone

DOCENTE
Prof. Giuseppe Altieri, Agroecologo
Ordinario di Fitopatologia, Entomologia, Agroecologia, Agricoltura Biologica
Istituto di Istruzione Superiore Agraria "Augusto Ciuffelli" di Todi (PG)
Studio Agernova, Servizi Avanzati per l'Agroecologia e la Ricerca
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Artecology - Festa del tesseramento 2012 Cortocircuito flegreo
Sabato 11 Febbraio h 20
Concerto e Degustazioni offerti dalla RETE CORTOCIRCUITO FLEGREO
Zì' Riccard e le Donne della Tammorra

Degustazioni ed Esposizione di Bioeccellenze del Sud Italia
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PROGRAMMA DIDATTICO-CULTURALE
Corso scientifico-applicativo di orientamento ed (in)formazione sul campo, finalizzato alla costituzione di una Rete di Assitenza Tecnica alle aziende agrobiologiche e di Distribuzione diretta di alimenti biologici dai produttori ai consumatori (Programma Mangiacomeparli)
Sessione I: Agroecologia , Diritto e Sviluppo Rurale
- Principi di Agroecologia ed Agroecosistemi. Dati Statistici ed evoluzione dell'Agricoltura.
- Diritti Costituzionali inviolabili e Principio di Precauzione. Le Responsabilità Professionali degli Agronomi. Pericolo Grave ed Attuale dei Pesticidi, Concause Ambientali Aggravanti ed Autodifesa.
- Normative sull’Agricoltura Biologica (Reg. CE 834/07) ed analisi critica del sistema di Certificazione e Controllo.
- Sostegno UE per l'Agricoltura Biologica. 20 anni di Politica Agroambientale fallimentare nei Piani Regionali di Sviluppo Rurale. Distrazioni di Risorse verso una presunta Agricoltura Integrata e Censure della Corte dei Conti UE.
Evoluzione della PAC ed Altri sostegni (Certificazioni, Assistenza Tecnica, Innovazione e Sperimentazione, Giovani agricoltori, Informazione e Promozione, Filiere Corte, Art.68, ecc.). La Ricerca e il suo trasferimento. Formazione ed Informazione
- Lenee guida Per un Programma di Riconversione Biologica dell'Agricoltura
Sessione II: Orto-frutticoltura e Viticultura Biologica Sinergica
- Gestione Agroecobiologica delle coltivazioni (fertilità, controllo infestanti, inerbimenti, sovesci, consociazioni, ecc.). Preparati Biodinamici e Biofertilizzanti. Humus ed’ Equilibrio Vegetativo
- Difesa AgroEcoBiologica avanzata (Avversità Chiave, Secondarie ed Acquisite)
- La giusta combinazione tra mezzi tecnici tradizionali ed innovativi. Dosi “omeopatiche” e “fisiologiche”
- Adesivizzanti, Protettivi, Coadiuvanti, Sinergizzanti, Stimolatori della resistenza e cicatrizzazione
- Microrganismi Antagonisti Utili e Simbionti. L’Equilibrio microbico
- Biodiversità, tutela ed incremento degli Organismi Utili Naturali. Inoculazioni Multiple Preventive
- Insetticidi naturali, bioinsetticidi, feromoni.
- Mezzi agronomici ed attrezzature avanzate per il Risparmio Economico--Energetico (tempestività, recupero prodotti e migliore copertura)
- Assistenza Tecnica, Monitoraggio ed uso dei dati metereologici. Gestione Microclimatica
- Qualità e Territorialità. Conservazione e Recupero delle Varietà Locali Tradizionali. Sementi ed Agricoltura Biologica
- "Prodotti d’Autore“ed Artigianalità dal campo alla tavola.
- Dimostrazione pratica di un orto sinergico sul campo
Sessione III: "MANGIACOMEPARLI"
- Sovranità Agroalimentare dei Popoli, Fame nel Mondo e Sete... dei Mercanti.
- La minaccia OGM e le azioni Giuridico-Istituzionali per il Bando Internazionale degli Organismi Transgenici ed altre forme di OGM (mutagenesi indotta) . La Carta di Montebelluna.
- Programma "Mangiacomeparli" . Bioterritori e Reti di Solidarietà Sinergica Città-Campagna
Verranno proiettati:
- Film Documentario: "Respiro di Terra", di Enrico Bellani - 1974, (35') (DVD)
- Film Documentario: "The Greening of Cuba", di James Kibben - 1996 (35') (VHS)
- Video scientifico: I Lombrichi in Agricoltura, del Prof. Maurizio Paoletti (20') (DVD)
- Estratti dalle trasmissioni Report e Ambiente Italia, Rai 3
Collaboratori:
Antonella Gasparetti, Biologa, esperta di Agricoltura Biologica
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Costi del Corso
- € 50 per Produttori e consum-attori della rete Cortocircuito Flegreo (contatti: mail: cortocircuitoflegreo@gmail.com / Cell 328-6093691)
Per iscritti dalle altre zone d'Italia:
- € 60 Iva inclusa (Studenti e Neolaureati disoccupati)
- € 120 Iva inclusa per Professionisti, Docenti ed altri Agricoltori
Per le iscrizioni effettuare Bonifico su conto corrente IBAN IT56K0100538700000000000026 intestato a Studio Associato Agernova.
Per informazioni ed iscrizioni: Studio Agernova
Tel/fax : 075/8947433 – Cell: 348-8077101 / 347-4259872 - mails: mailto:agernova@libero.it / segreteria@agernova.it Sono stati richiesti i Crediti Formativi per Agronomi e Periti Agrari (1 credito ogni 8 ore di corso).
Durata del corso: 12 ore
Ai Partecipanti verrà rilasciato un Attestato di Frequenza.

sabato 14 gennaio 2012

SAPORE DI LEGALITA' E GIUSTIZIA



DOMENICA 15 GENNAIO 2012 AL GIARDINO DELL’ORCO

LAGO D’AVERNO 11 (RIVA SINISTRA) DALLE 10 ALLE 15



Corto Circuito Flegreo

Associazione della Filiera Corta Flegrea


Occasione di incontro, di conoscenza e di scambio

con esperienze rurali e artigiane

L’evento è a RIFIUTI ZERO per questo PORTA CON TE : borse riutilizzabili , contenitori usati per i detersivi alla spina, bicchieri riutilizzabili per degustazioni. Sarà possibile conferire olii esausti vegetali di produzione domestica a cura della Tecnofeed.

Evento Centrale ore 12 PRODOTTI CHE SANNO DI LEGALITA’

incontro con le Cooperative sociali nate dal riutilizzo dei beni confiscati alla camorra nel Casertano: Cooperativa Eureka di Casal di Principe, Cooperativa Agropoli (Nuova Cucina Organizzata), Cooperativa Nuovi Orizzonti di Castelvolturno

TROVERETE IL BANCHETTO DEGUSTAZIONE DEL CAFFE’ TATAWELO PROGETTO DI ECONOMIA SOLIDALE CON LA COOPERATIVA SSIT LEQUIL LUM PRODUTTORE DEL CHIAPAS (MESSICO).

E’ aperto il tesseramento 2012 a CORTO CIRCUITO FLEGREO

Alle ore 15ci sarà l’incontro trimestrale dei soci.


giovedì 12 gennaio 2012

CONSUMARE ANCHE DI NOTTE

Consumare di notte
— 11 gennaio 2012

di PIERO BEVILACQUA
Scriveva Marx, ai suoi tempi, che nella società capitalistica i paesi industrialmente più avanzati indicano agli altri il proprio avvenire. Chi è più avanti nello sviluppo anticipa trasformazioni e fenomeni che anche gli altri, più indietro nel processo di modernizzazione capitalistica, conosceranno qualche decennio più tardi.
Questa analisi-profezia, che ha resistito gagliardamente alla prova del tempo, sembrava essersi appannata nella seconda metà del XX secolo, quando un capitalismo incarnato e imbrigliato nelle culture e nelle istituzioni nazionali, sembrava dare a ciascun paese un proprio Sonderveg, come dicono i tedeschi, un proprio originale sentiero. I paesi europei, ad esempio, col loro solido welfare, si distinguevano dagli Usa e sembravano capaci di contenere e filtrare i fenomeni più dirompenti che in quel paese facevano da avanguardia. Ma questo scarto è durato poco e, sotto la furia del pensiero unico – che nell’ultimo trentennio ha visto capitolare molti antichi presidi nazionali di costume e di cultura – lo sguardo anticipatore di Marx ha acquistato un nuovo e lucente smalto.
Oggi abbiamo la possibilità di osservare sul nascere, e per così dire in vitro, come si afferma e diventa generale tale tendenza, chi sono i soggetti che la promuovono, quali motivazioni la sostengono. La proposta del governo italiano in carica di prolungare l’orario di lavoro dei negozi è, a dispetto delle apparenze, un sontuoso cavallo di Troia che nasconde nella pancia alcuni fenomeni già all’opera nelle “società più avanzate”. Sembra una semplice iniziativa volta a facilitare gli acquisti dei cittadini-consumatori e naturalmente cova la speranza di innalzare il ritmo dei consumi. Ma essa contiene molto altro, costituisce il tassello di un processo, in atto da tempo, di distruzione di un modello di civiltà. Si fa presto a scoprirlo. E’ sufficiente andare a vedere che cosa è accaduto là dove gli orari dei negozi sono stati deregolamentati per tempo.
Negli Usa, che sono oggi “ il punto più avanzato dello sviluppo”, è possibile scoprire la trappola in cui sono caduti i cittadini americani, trascinati da decenni in una “bolla consumistica” che alla fine è esplosa con immenso fragore. I fondatori del gruppo Take Back Your Time, riprenditi il tuo tempo, hanno compreso, e denunciano da anni, che la spinta all’iperconsumo cui sono stati spinti i cittadini americani è stato un surrogato della riduzione dell’orario di lavoro. I guadagni di produttività oraria realizzati nell’industria e nei servizi Usa non sono stati utilizzati , come era accaduto sino ad allora, per accrescere il tempo libero. Qui si è interrotto un antico percorso delle società industriali contemporanee. Gli incrementi produttivi sono stati monetizzati, tradotti in salario, grazie all’esca lucente di consumi sempre più abbondanti. Dove non bastava il salario, naturalmente, il credito bancario veniva amorevolmente in aiuto dei bisognosi di acquisto.
Il risultato, dopo oltre un trentennio di questa gioiosa modernità, è che i lavoratori americani si sono trovati a lavorare in media 50 ore alla settimana e 350 ore annue in più dei loro equivalenti europei. Non c’è di che stupirsi. Come si fa a rinunciare ai sontuosi beni offerti da una smisurata macchina produttiva, a prezzi sempre più economici, resi sempre più indispensabili da una pubblicità senza quartiere? Come si fa rinunciare, se bastano un paio d’ore di straordinario al giorno per avere i dollari necessari a comprare l’ultima consolle, la macchina nuova, una pelliccia da sogno? Negli Usa la deregolamentazione degli orari dei negozi ha accompagnato in parallelo l’aumento della giornata lavorativa e la cosa non stupisce.
Questo è il modello che il capitale va imponendo: una giornata completamente occupata dal lavoro, che impone l’utilizzo di tempo supplementare, oltre l’orario diurno, per svolgere il proprio compito di consumatore. I supermercati e i negozi aperti anche di notte, di domenica, nei giorni festivi devono offrire la possibilità di consumare anche a chi non possiede più tempo per se stesso. Certo, il tempo speso nelle compere serali o festive è sottratto alle relazioni sociali, alla famiglia, al dialogo fra persone, alla partecipazione alla vita civile. Ma un pover’uomo o una povera donna, che lavora dalla mattina alla sera, ha bisogno di un risarcimento, ha una necessità vitale di dare sfogo al proprio desidero di acquisto, di soddisfare il proprio ethos infantile – come lo chiama Benjamin Barber nel suo Consumati – vagando tra le meraviglie merceologiche di un centro commerciale e portarsi a casa qualcosa. Ecco il grande successo conseguito dal capitalismo, quello a cui aspira di trascinarci la grande maggioranza degli economisti, sempre dietro qualche riforma da proporci. In questo modo si è completato il circuito di assoggettamento totalitario dell’individuo al processo di valorizzazione del capitale, che chiede sempre più tempo per la produzione e per i servizi, e ora sempre più tempo per i consumi. L’uomo a una dimensione è bello e fatto.
Nel punto più alto dello sviluppo, al culmine della modernità, gli uomini sono ridotti alla loro funzione primordiale: produrre e consumare, consumare e produrre. In tale ottica, la notte, naturalmente, costituisce una fase parassitaria nella vita delle società avanzate, durante la quale il PIL scende rovinosamente. Ce ne rendiamo conto. Per fortuna i turni lavorativi riescono a mantenere attiva la produzione in tanti settori e il commercio notturno può educare ad avere una idea meno pigra di questa fase della giornata in cui il sole conserva la cattiva abitudine di illuminare l’altra faccia della Terra.
Questa cultura della deregolamentazione, che ha scatenato le furie dei poteri finanziari, frantumato il potere sindacale e precarizzato il lavoro, demonizzato tutto ciò che era pubblico e fatto trionfare anche l’abiezione, purché fosse privata, freme tuttora come un animale ferito per azzannare qualcosa che ancora resiste indenne. Ora tocca al commercio, anche in Italia. E mi chiedo e chiedo che cosa pensa al riguardo la Chiesa, che cosa ne pensano i cattolici, anche quei tanti che stanno nell’attuale governo. Negozi aperti anche di domenica, il giorno del Signore? Perché la proposta recente rientra in quella tendenza del capitale che già abbiamo visto all’opera, e che non vuole fermarsi. In Italia si manifesta, ad es. , nella sorda pressione, più volte espressa da Confindustria, di ridurre le feste comandate, che frenano l’ascesa altrimenti trionfante del nostro PIL. Se fosse per tanti imprenditori, ma anche per tanti economisti che scrivono sui giornali, l’intero calendario gregoriano dovrebbe essere reso più “flessibile”, occorrerebbe togliere ogni residua solennità ai santi ancora festeggiati, rendere laicamente lavorativi tutti i giorni dell’anno, perché siano trascinati nella macchina insonne della crescita.
Per nostra fortuna i sindacati, anche quelli di categoria, hanno alzato gli scudi contro la proposta e meritoriamente molti cittadini hanno manifestato la loro contrarietà. Esempio di civismo, maturità, spirito di una civiltà che ancora resiste e dovrebbe fare arrossire tanti zelanti riformatori che ci assordano quotidianamente. E’ tutta da verificare, infatti, l’economicità anche per i grandi supemercati e per i centri commerciali, a tenere le luci accese sino a mezzanotte o oltre. Ma, ricordiamo, se tale vantaggio dovesse verificarsi, non è evidente che una simile novità metterebbe in grave difficoltà i piccoli negozi di zona, accentuerebbe la crisi in cui versano, ne costringerebbe molti a chiudere favorendo il processo di desertificazione dei quartieri? E nessuno pensa a quanta economia è nascosta, quanto benessere collettivo, in un quartiere vitale, ben servito da piccoli esercenti, che limita gli spostamenti dei cittadini su lunga distanza, favorisce le mutue relazioni quotidiane, accresce la sicurezza senza bisogno di costose vigilanze e repressioni sicuritarie?
Questa è una dinamica sociale ormai ben nota, ma tanti economisti, e soprattutto gli uomini che si trovano di volta in volta a governare, se ne dimenticano facilmente, pur di lanciare i prodotti del loro marketing politico. Degli esiti sociali di lungo periodo delle cosiddette riforme nessuno si cura, pur di vendere al pubblico un qualche kit, un dispositivo economico che promette di imprimere dinamismo al sistema. E’ l’analfabetismo politico della nostra epoca, lo conosciamo da tempo, e non possiamo far altro che additarlo nel suo quotidiano squallore. Ma la proposta di regolamentare gli orari degli esercizi commerciali ha un valore paradigmatico molto più ampio e generale di quanto fin qui detto. Perché essa, sotto l’aria di voler rilanciare i consumi in una fase di crisi in cui effettivamente la ripresa della domanda svolgerebbe un ruolo equilibratore, instilla nell’immaginario pubblico il veleno del consumismo illimitato, ci mostra l’avvenire di una crescita continua e senza confine dell’acquisto di merci e servizi. Mentre la popolazione mondiale continua a crescere, centinaia di milioni di nuovi ricchi approdono ogni anno ai nostri stessi standard di consumo, i cicli di rigenerazione delle risorse della Terra si vanno arrestando per eccesso di sfruttamento, nella piccola Italia, facciamo la nostra parte simbolica. Mostriamo che si può comprare senza limiti di tempo, giorno e notte. Chiedersi quel che succede alle limitate risorse del nostro pianeta è naturalmente una preoccupazione stonata e fuori posto. I problemi son ben altri e del resto, in questo momento, siamo in emergenza. Come è noto da decenni.

VOTA LA PEGGIORE AZIENDA DEL PIANETA

>>> Vota qui Vale come peggior multinazionale del mondo! Affrettati ! Puoi votare fino al 26 gennaio 2012 perché la multinazionale vincente sarà presentata ufficialmente al Fórum Economico Mondiale di Davos.

Município di Açailândia (Maranhão), quartiere industriale di Piquiá. L'inquinamento che gli abitanti respirano a causa delle industrie siderurgiche (Antonio Soffientini, settembre 2008)
Vale : 70 anni di storia macchiati dalle continue violazioni dei diritti umani e ambientali Vale, la compagnia mineraria brasiliana presente in 38 paesi e considerata la più grande società mineraria di ferro al mondo, è una dei sei finalisti del Premio Public Eye che, con voto popolare, sceglie ogni anno la peggiore azienda del mondo da presentare come vincitrice durante il Forum Economico Mondiale di Davos, in Svizzera. E la prima volta che una società brasiliana concorre per questo premio. L'indicazione di Vale per il Public Eye Award 2012 è stata fatta dal International Network of People Affected by Vale attraverso l'organizzazione brasiliana Rede Justiça nos Trilhos con sede nel Maranhão, in collaborazione con Amazon Watch e International Rivers, e si basa sul negativo impatto ambientale, sociale e lavorativo causati nell'ultimo decennio dalle attività della società in Brasile e in tutto il mondo.

Municipio di São Luís (capitale del Maranhão), quartiere Alto da Esperança. Il terreno dove Vale ha trasferito gli abitanti di un'area di interesse dell'impresa non era edificabile e non ha resistito. Conseguenza: case crollate e voragini nelle strade (archivio Najup, luglio 2009)
Con Vale, 40.000 persone sotto sfratto per la diga Belo Monte in Amazzonia 70 anni di storia macchiati da ripetute violazioni di diritti umani, condizioni di lavoro insopportabili e sfruttamento sfrenato della natura. Attualmente Vale partecipa alla costruzione della diga di Belo Monte in Amazzonia. La diga sfratterá 40mila persone, in un territorio di 100 Km lungo la riva del fiume Xingu, senza che esse abbiano potuto esprimere il loro punto di vista né ricevere indennizzazione. Con Vale, 760 famiglie sfrattate per le miniere di carbone in Mozambico In Mozambico, la Vale ha strappato dalle loro case e dalla loro terra circa 760 famiglie di contadini, per aprire nuove minerie di carbone. L’impresa ha adottato criteri non uniformi per il trasferimento di queste famiglie, le ha divise e traslocate a 45 Km di distanza dalla loro comunitá di origine (75 Km lontano dalla cittá di riferimento nella zona).“Nella nostra regione vendevamo legna e carbone, oltre ai nostri prodotti alimentari; qui dove ci hanno messo siamo disoccupati e poveri, senza accesso al mercato e ad opportunitá di guadagno” – dice un abitante.

Con Vale, centinaia di famiglie sfrattate a São Luís, Brasile Lo stesso è successo nella cittá di São Luís, nel nordest del Brasile: Vale ha sfrattato centinaia di famiglie dalla zona in cui doveva costruire il porto per l’esportazione del suo ferro. Ha costruito un intero nuovo quartiere in un territorio instabile della periferia della cittá ed oggi, a 25 anni di distanza, molte delle case di questo quartiere sono crollate, per la negligenza del progetto della multinazionale.Con Vale, forni, siderurgiche, miniere e pesanti violazioni del diritto alla salute e all'ambiente Oltre a numerosi problemi simili, legati alle violazioni diritto alla casa, Vale viola vari altri diritti umani e ambientali: per esempio, un rapporto della Federazione Internazionale dei Diritti Umani denuncia l’impatto dei forni di combustione per la produzione del carbone sulla salute degli abitanti della regione di Açailandia. Lo stesso si puó dire delle imprese siderurgiche, clienti diretti e privilegiati di Vale, le cui emissioni nocive non sono controllate né filtrate. In Brasile, nella cittá di Rio de Janeiro, Vale è partner dell’impresa tedesca ThissenKrupp; insieme, stanno cercando di imporre con la forza l’installazione della maggior siderurgica dell’America Latina, minacciando i pescatori artigianali della regione con l’aiuto delle milizie di Rio de Janeiro. Già nella fase di sperimentazione, due gravi incidenti ambientali hanno riversato una pioggia di scorie inquinanti sulle famiglie circostanti, provocando multe ingenti e la denuncia del responsabile dei progetti del consorzio. La Federazione Internazionale dei Diritti Umani ed i suoi partner brasiliani denunciano anche le iniziative di Vale per aggirare la legislazione ambientale nell’espansione delle miniere di Carajás, che prevedono di aumentare di 2,5 volte l’estrazione di minerale e la sua esportazione.

Con Vale, massicce violazioni dei diritti dei lavoratori Piú di 100 processi legali e 150 indagini sono attualmente aperti contro Vale, la maggior parte di essi legati a conflitti nel mondo del lavoro. In Canada, gli operai hanno resistito 18 mesi in sciopero contro le proposte di contratto di Vale.Sono molto rari i casi in cui la multinazionale ha riconosciuto le sue responsabilitá e pagato le multe.La ricetta del successo di Vale : privatizzare i guadagni e caricare i costi sul pubblico, cioé sugli altri La ricchezza attuale della multinazionale contrasta con l’operazione della sua privatizzazione nel 1997, molto criticata e a prezzo irrisorio. Come se non bastasse, lo Stato brasiliano, frodato da questa cessione, ha un credito con Vale di 2,5 miliardi di dollari maturato da pagamenti insufficienti delle royalties minerarie.

Vale usa ogni anno una media di 1,2 miliardi di metri cubi d’acqua per le sue operazioni, è responsabile per il 4% delle emissioni di CO2 del Brasile e riversa nei fiumi e nei mari una media di piú di 100 milioni di m3 di scarichi industriali ed oleosi. Per esempio, ci sono stati l’anno scorso due grandi disastri ambientali di Vale che hanno riversato acido nelle acque del Cile e della Nuova Caledonia.
UNA LETTERA DI CONFERMA
Ciao a tutti,
confermo e rinforzo le informazioni date da Gianluca Carmosino sulla multinazionale mineraria brasiliana Vale. Non so se sia "degna" del premio di peggior azienda del pianeta (la competizione é molto serrata...) ma sicuramente è "devastante", in tutti i sensi, e non da oggi ma da almeno 30-40 anni.
Ho vissuto e lavorato in Amazzonia per quattro anni tra la fine degli anni ottanta e l´inizio degli anni novanta, e ho poi continuato a seguire i problemi ecologici ed etnici della regione e la Vale (conosciuta all´epoca con il nome di Vale do Rio Doce) è stata invischiata in quasi tutti i massacri, le devastazioni, le politiche predatorie contro i popoli indigeni, l´ambiente, le popolazioni della regione.
L´elenco sarebbe lunghissimo, molti fatti sono stati ormai archiviati o prescritti (una sorta di piazze Fontana in aree tropicali...), in qualche caso sono emerse anche in sede di tribunali responsabilitá oggettive, ma le modalità di sfruttamento di terre ed abitanti dell´Amazzonia non sono cambiate, al massimo si sono adattate ai tempi, politici, tecnologici, mediatici. Nel periodo in cui vivevo in zona non sono stati pochi i casi di persone fatte sparire o uccise in quanto troppo curiose o perchè avevano provato a denunciare alcuni dei soprusi, la letteratura sul tema è vasta
Gigi Eusebi

mercoledì 11 gennaio 2012

Serge Latouche in Campania, ospite della FICS

Visualizza il programma delle giornate. 
Dal 16 al 21 gennaio 2012 Serge Latouche (foto di Karin Munck) sarà in Campania ospite della FICS (Federazione Internazionale Città Sociale).
Autore di numerosissimi saggi tradotti in italiano e pubblicati da diverse case editrici, Latouche sostiene che lo sviluppo scelto dall’Occidente ha ormai esaurito tutte le sue possibilità, dilapidando in modo irreversibile risorse naturali non rinnovabili, e auspica l’adozione di scelte volte a costruire una società non ossessionata dal consumismo e libera dalle imposizioni della globalizzazione finanziaria priva di regole etiche. Senza immaginare una regressione o un impoverimento, Latouche descrive la possibilità concreta di una felicità sociale slegata dal possesso e dal consumo dei beni materiali e misurata, invece, sul perseguimento del bene comune, sul rispetto della natura, sull’adozione di forme di convivenza ispirate alla ragionevolezza e non alla razionalità.
Fitto il calendario di incontri e di iniziative che avranno come protagonista il teorico della “decrescita” e che intendono far confrontare gli esiti della sua riflessione con alcune delle più significative buone pratiche avviate nella nostra regione e promosse dalla Federazione Internazionale Città Sociale: fattoria sociale, parco etologico, pratiche di microcredito, uso sociale dei beni confiscati.
Il primo appuntamento a Palazzo San Giacomo, dove il Sindaco Luigi de Magistris darà il benvenuto al professor Latouche il pomeriggio del 16.  Il 19 mattina a Napoli la registrazione di un confronto sui nodi teorici più significativi posti dalla decrescita; il 19 pomeriggio ad Avellino, dove le autorità civili e il vescovo daranno il benvenuto al prestigioso ospite che visiterà il cantiere della Fattoria sociale e del Parco etologico, incontrerà una delegazione degli operai dell’IRISBUS (testimonianza concreta dell’insensatezza della politica economica) e discuterà con lo scrittore-paesologo Franco Arminio. 
Infine il 20 a Pollica, nel Cilento, l’ultima tappa, dedicata all’esperienza di un Comune simbolo di una pratica della legalità particolarmente significativa. Nella sala del Palazzo Capano, ospite del Sindaco Stefano Pisani, Serge Latouche incontrerà amministratori locali, studenti, rappresentanti istituzionali. Nel corso dell’iniziativa verrà proposto il “Manifesto mediterraneo”: cinque idee per un'altra convivenza, che nella prossima primavera sarà presentato contemporaneamente in alcune città europee e mediterranee.
Gli incontri sull’impronta ecologica ed etologica sostenibile, con Serge Latouche, continuano il percorso di riflessione avviato dalla FICS nel 2011, dedicato ai temi e ai nodi teorici ricorrenti nell’azione concreta: la differenza di genere, la crisi del lavoro operaio e sociale, la qualità delle relazioni tra le persone, l’etica della responsabilità, la cultura contro la dittatura dell’economia e della finanza, la effettiva esigibilità  ed indivisibilità dei diritti.

martedì 10 gennaio 2012

la riffa della befana

i primi 2 numeri dell'estrazione del lotto di sabato 07 gennaio ruota di napoli sono stati 61 e 1 :
complimenti ai vincitori: n. 61 Laura Ferrillo ; n.1 Paola Ciotola

mercoledì 4 gennaio 2012

LA DEMOCRAZIA DELLA DECRESCITA

La democrazia della decrescita

di GIANNI TAMINO

Il progetto di decrescita non propone una semplice riduzione dei consumi, ma un nuovo modo di intendere i rapporti tra gli esseri umani e tra questi e il loro ambiente, con particolare attenzione alla gestione delle risorse naturali, esauribili o comunque alterabili. Quando queste risorse sono indispensabili per la vita di ogni essere umano, vanno considerate “beni comuni” non privatizzabili, per garantirne l’accesso a tutti, come applicazione del diritto alla vita.

La gestione dei “beni comuni” deve, dunque, coinvolgere in una diretta partecipazione la comunità di riferimento (anzitutto gli abitanti della città e dei quartieri o dell’area interessata al “bene comune”), in funzione del bene pubblico. I beni comuni costituiscono una proprietà collettiva, che la comunità gestisce in un’ottica di solidarietà e di accessibilità per tutti, tenendo anche conto delle generazioni future. Quindi un bene comune non è alienabile, cioè non è disponibile né per logiche di mercato né di privatizzazione.

Questo comporta una forma di democrazia diretta e partecipata. Consegnare i beni comuni al mercato significherebbe, al contrario, mettere a rischio la democrazia.

Per gestire i beni comuni ogni comunità deve promuovere forme di partecipazione e di autogoverno che rafforzino la propria autonomia e libertà, però in una dimensione di riconoscimento, interdipendenza e solidarietà con le altre comunità.

In tal senso, un’amministrazione, solo perché eletta, non ha il diritto di decidere da sola su beni la cui proprietà è collettiva e inalienabile: una simile decisione espropria i cittadini non solo dei beni comuni, ma del più importante dei beni di cittadinanza, la democrazia, che non può essere disgiunta da reali processi di partecipazione.

Ma affinché questo possa accadere, dobbiamo anche inventare e sperimentare forme nuove di democrazia, che privilegino la partecipazione sulla delega, le relazioni tra le persone e le comunità sulle logiche autoritarie basate sulla forza. Ogni comunità dovrebbe promuovere le proprie forme di partecipazione e di autogoverno, nel rispetto dell’ambiente e degli ecosistemi in cui le comunità vivono.

La sfida è quella di un passaggio da una concezione che vede l’essere umano ergersi contro o sopra la natura ad una concezione in cui l’essere umano si riconosce parte di una comune “famiglia terrestre” e da vita a nuove forme di “cittadinanza” ecologica che riconoscano dignità a tutte le forme di vita. Occorre dunque abbandonare l’immaginario dello sviluppo affidato ad una crescita infinita, per passare una prospettiva di decrescita, in particolare per quanto riguarda le società più industrializzate e che più pesano negativamente sugli ecosistemi.

Tuttavia non basta dimostrare che una crescita infinita in una realtà finita è impossibile e non basta neppure la crisi a far cambiare stili di vita, occorre rendere “desiderabile” questo cambiamento. Come affermava Alexander Langer “La conversione ecologica potrà affermarsi solo se apparirà socialmente desiderabile”.

TRASPARENTE COME L'ACQUA

LABORATORIO : VERSO UN’ECONOMIA SENZA MERCATI E MERCANTI

Potenza, 13-15 gennaio 2012 – Sede di Libera Basilicata e Locali della Parrocchia di S. Anna

L’iniziativa si inserisce fra le attività del progetto “Trasparente come l’acqua” a cura di GVS, Coordinamento Regionale Acqua Pubblica di Basilicata, LucaniaWorld, zer0971, Abito in Scena, Potenzattiva, Respira la Terra - Bando 2010 “Progetti innovativi” - D.G.R. n.2028 del 30.11.2010.

con la partecipazione di Alberto Castagnola

Economista di “Altra Economia”, svolge azioni di formazione, ricerca-intervento, promozione e sensibilizzazione in merito ai problemi dell’economia internazionale e dei rapporti tra Nord e Sud del mondo. Promotore della “Rete Lilliput” e dei Bilanci di Giustizia, è tra i fondatori della Città dell’Altra Economia di Roma.

Venerdì 13 gennaio – Locali della Parrocchia di S. Anna

Ore 19:00 - Accoglienza e prime riflessioni con quanti già presenti o in arrivo in serata

Ore 20:30 - Proiezione di un film su globalizzazione, altro mercato e altra economia

Sabato 14 gennaio

Sede di Libera Basilicata in Via Acerenza

Ore 09:30 - Presentazioni dei partecipanti, condivisione del percorso e formazione dei gruppi

Ore 10:30 - Inizio lavori sul tema Reti e Distretti di economia solidale, un percorso oltre il mercato e i mercanti

Ore 13:30 - Pausa pranzo - buffet

Ore 14:30 - Ripresa lavori ed elaborazione di documento di proposte da parte di ciascun gruppo

Ore 16:30 - Fine dei lavori

Locali della Parrocchia di S. Anna in viale Dante

Ore 18:00 - Incontro pubblico con Alberto Castagnola su BENI COMUNI E ALTRA ECONOMIA.

Partecipano movimenti, associazioni, comitati cittadini, amministratori, sindacati, associazioni di categoria, etc.

Ore 20:00 – Lettura teatrale, presso il teatro della Chiesa di S. Anna, a cura di “Abito in Scena”

Ore 21:00 - Cena a buffet con pietanze e prodotti dei GAS, di Libera Terra e della Bottega del Commercio Equo e Solidale

Domenica 15 gennaio – Sede di Libera Basilicata in Via Acerenza

Ore 10:00 - Incontro in plenaria su distretti e reti di economia solidale e cooperative sociali

Ore 13:00 - Chiusura dei lavori

martedì 3 gennaio 2012

LA GENETICA DEI CONTADINI

La genetica dei contadini
— 22 dicembre 2011
di DANIELA PASSERI
C’è un tipo di ricerca genetica sulle colture che si fa in mezzo ai campi, soprattutto nei paesi del sud del mondo, donne e uomini insieme, contadini e ricercatori, tutti sullo stesso piano, a verificare, prima del raccolto, quali piante e quali varietà si sono adattate meglio a quel terreno e a quel clima, quali incroci hanno dato vita agli esemplari migliori, più resistenti e resilienti, con i quali produrre i semi. Si chiama “miglioramento genetico partecipativo”: per parafrasare il titolo di un celebre testo di Friedrich Schumacher, è l’agricoltura “come se i contadini contassero qualche cosa”.
Chi lavora la terra fatica a contare qualcosa da quando la ricerca scientifica, sempre più privatizzata e controllata dall’agri-business, li ha messi ai margini e ha spostato nei laboratori e nelle stazioni sperimentali ogni genere di studio e di controllo sulla genetica.
Il miglioramento genetico partecipativo sta all’agricoltura come le forme di democrazia diretta stanno alla politica. Nasce dal basso, contribuisce a far ritornare nelle mani degli agricoltori il controllo della produzione agricola, ridà dignità a chi coltiva la terra; in più favorisce la biodiversità anche nelle zone marginali e aride e permette alle coltivazioni di adattarsi ai cambiamenti climatici.
La genetica in agricoltura l’hanno fatta per 10 mila anni proprio loro, gli agricoltori, selezionando nei campi le migliori varietà, ovvero le varianti della stessa specie, che in natura si presentano ogni qual volta da un incrocio si genera un nuovo tipo. Poi, con la nascita della genetica “moderna”, questo savoir faire millenario agito da moltissimi agricoltori in tutto il mondo è stato rinchiuso in pochi laboratori controllati da pochissimi agronomi. Il processo di selezione del miglioramento genetico convenzionale è simile a quello “partecipativo”, con alcune differenze sostanziali: le prove sul campo sono condotte insieme agli agricoltori e le opinioni di questi ultimi hanno la stessa importanza di quelle dei ricercatori; il metodo partecipativo costa meno; il processo viene svolto in molte località e ambienti differenti favorendo così la biodiversità e la più rapida diffusione delle varietà: le varietà selezionate sono di maggiore gradimento alle popolazioni locali.
Inoltre, le varietà che vengono selezionate nelle stazioni sperimentali possono andar bene per gli agricoltori che si possono permettere di replicare le stesse condizioni e le stesse tecniche usate nelle stazioni . Per fortuna il mondo, fuori dalle stazioni sperimentali, è molto più eterogeneo, per quanto le colture delle multinazionali della “Rivoluzione verde” tendono a imporre “varietà ad ampio adattamento”, ovvero monovarietà da laboratorio progettate per ogni tipo di suolo e clima, purché si disponga di abbondante chimica per farle funzionare: di queste gli OGM rappresentano l’apice di un monopolio perfetto.
A introdurre la ricerca partecipata in vari paesi in via di sviluppo è stato Salvatore Ceccarelli, di Icarda (International centre for Agrocultural Research in Dry Areas) un ex docente dell’Università di Perugia che un giorno ha smesso i panni del professore per indossare quelli più comodi e adatti alla ricerca tra le spighe. “E’ chiaro che noi non abbiamo inventato niente di nuovo, ma riportato la genetica tra i contadini – ci dice Ceccarelli via Skype, mentre con un altro sistema di comunicazione open source riesce a comunicare con colleghi iraniani che bypassano così le maglie della censura – quello che si può fare con il miglioramento genetico partecipativo è affrontare problemi globali come la sicurezza alimentare, l’adattamento ai cambiamenti climatici e la diffusione della biodiversità. In Siria negli ultimi 6 anni abbiamo selezionato 80 tipi diversi di orzo in varie località del paese, mentre i tipi “approvati” dal ministero dell’agricoltura sono solo 7. Inoltre abbiamo dimostrato che l’adozione di nuove varietà, proprio perché selezionate insieme con gli agricoltori, è molto più veloce, quindi favorisce la biodiversità ”.
Si parte dall’assunto che sono le varietà che si adattano all’ambiente (clima, suolo), mentre gli ultimi decenni di industrializzazione forzata dell’agricoltura hanno dimostrato l’insostenibilità ambientale del processo contrario, voler adattare l’ambiente a produzioni intensive di monovarietà da laboratorio: da sola l’agricoltura è responsabile del 11-15% delle emissioni di gas serra, (se consideriamo l’intera industria del cibo si arriva al 44-57% delle emissioni, dati Grain).
Dalla scorsa estate il miglioramento genetico partecipativo è approdato anche in Italia in alcune aziende agricole nell’ambito del programma di ricerca Solibam che verrà concluso nel 2015. “Ritengo che per l’Italia possa essere interessante – spiega Ceccarelli – perché da noi esistono tante piccole aziende sementiere interessate a riprendere varietà diverse, alcune nuove altre dimenticate, per produzioni di alta qualità. Del resto tutto il comparto biologico ha la necessità di basarsi su questi metodi per tornare a produrre in modo naturale con i semi più adatti e massimizzare così la produzione”.