lunedì 12 dicembre 2011

oltre il business

Associazione REES Marche
Rete di Economia Etica e Solidale
Ancona, 11 dicembre 2011
COMUNICATO STAMPA da REES MARCHE - Rete di Economia Etica e Solidale
www.reesmarche.org
A seguito della scoperta truffa dei falsi certificati biologici assegnati a produzioni
agricole da funzionari di enti certificatori compiacenti la Rete di Economia Solidale
REES MARCHE ringrazia il corpo della Guardia di Finanza e sostiene con forza
l'importanza di approfondire le indagini sulle filiere del settore agro-alimentare
attraverso controlli capillari per scoraggiare truffe a danno dei consumatori e dei
reali coltivatori con metodi di Agricoltura Biologica, che sono tra le prime vittime di
questo inganno.
Gli enti certificatori e i produttori che hanno falsificato le “carte” hanno creato un
danno inestimabile a tutti coloro che promuovono l'agricoltura biologica anche
come valore territoriale e ambientale.
L'invito a tutti è quello di non identificare il malaffare con i tanti percorsi virtuosi in
atto a livello locale e a considerare che la illegalità e la mala-economia è presente in
qualsiasi settore e rappresenta comunque una realtà da combattere ad ogni livello.
A fronte di alcuni falsi produttori BIO esistono migliaia di produttori leali con il
consumatore. Accanto a consumatori “gabbati” ne esistono migliaia consapevoli e
soddisfatti della scelta del biologico per la propria salute e per il proprio ben-vivere.
La Rete di Economia Etica e Solidale REES Marche ha scelto e continua a scegliere
l'Agricoltura Biologica e la filiera corta.
I Gruppi di Acquisto Solidale e i produttori agricoli e zootecnici che si riconoscono nei valori della rete e
credono in un modello di sviluppo orientato al rispetto dell'ambiente come patto di solidarietà tra
generazioni, scelgono modelli di gestione agricola ecologicamente sostenibili orientati al Ben-vivere ed
alla tutela dei beni comuni.
I coltivatori biologici, della nostra rete auspicano le visite in azienda come momento di lavoro e di
umane relazioni, colloquiano costantemente con tutti noi e con quanti vogliono condividere il loro
lavoro e sono orgogliosi di mostrare le scelte quotidianamente portate avanti con fatica, per il
miglioramento dell'ecosistema agricolo e per la valorizzazione e tutela delle varietà e delle razze locali.
Il loro costante impegno in ambito produttivo e in ambito culturale, ha permesso la conservazione di
percorsi culturali dei territori, attraverso la gestione e il mantenimento dei suoli in produzioni armoniche
con il territorio e la sua salvaguardia. Lo praticano in ogni scelta perché credono in un modello
economico dove l'interesse più alto e prioritario da perseguire è quello diffuso, a vantaggio di tutti. Lo
fanno ogni giorno anche a scapito del personale ritorno economico di breve periodo, convinti che il
benessere diffuso sia l’investimento con il miglior rendimento possibile.
Hanno aperto le loro aziende che sono diventate per tutti luogo di formazione e informazione, come
tante CASE dell'Economia Solidale dove si condivide spesso anche la programmazione della
produzione.
L'agricoltura biologica trova in tutti i soggetti che convintamente operano all’interno dei valori condivisi
compagni di strada che consentono di rendere sostenibile il lavoro delle tante piccole aziende
distribuite nei nostri territori, perché di questo c'è forte bisogno in questo momento di grande
DISCONTINUITA' economica, ambientale e sociale dove urge il bisogno di ridisegnare un nuovo
modello di economia che vorremmo Solidale.
Associazione REES Marche, Via M. D'Antona 22 – 60033 Chiaravalle (AN)
www.reesmarche.org - presidenza@reesmarche.org
Associazione REES Marche
Rete di Economia Etica e Solidale
I produttori biologici della nostra rete sono produttori dell'Economia Solidale poiché condividono i
processi decisionali e sono profondamente coinvolti nella crescita di un'Economia delle Relazioni e
della Comunità, ricercano come valore aggiunto alla loro produzione la trasparenza, comunicano l'etica
del loro lavoro, si interfacciano con lealtà con quanti credono nei loro percor si e ricercano il ben-vivere.
Questa è la migliore certificazione delle loro produzioni.
Questa è la forma di certificazione e di GARANZIA di prodotto e produzione che noi ricerchiamo in via
prioritaria.
I soggetti della rete, consumatori produttori e associazioni, si dissociano da quanti hanno fatto del
“biologico” un business per consumatori inconsapevoli e propongono il modello di GARANZIA
PARTECIPATA
-dove insieme consumatori e produttori costruiscono l’economia migliore per tutti,
-dove al centro dei percorsi di produzione viene inserito il beneficio collettivo e non quello meramente
aziendale,
-dove si privilegiano percorsi di filiera corta in cui la relazione e lo scambio diventa luogo e valore,
-dove ci sia un impegno concreto e visibile anche da parte del produttore biologico all'interno della sua
filiera interna, garantita dai medesimi criteri valoriali e metodologici attivati dai gruppi di consumatori
responsabili e consapevoli.
È per tutti questi motivi che la La rete sceglie le produzioni biologiche ed anche perché sono un ponte
che crediamo certo per traghettare l'economia del profitto aziendale verso Economie di Ben-vivere
diffuso.
Per Rees Marche
Katya Mastantuono e Valeria Bochi
Associazione REES Marche, Via M. D'Antona 22 – 60033 Chiaravalle (AN)
www.reesmarche.org - presidenza@reesmarche.org

mercoledì 7 dicembre 2011

L'inganno della crescita

 Luca Mercalli

 L'inganno della crescita

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Quando vediamo la pubblicità inneggiare a modelli di vita dove il successo si misura con quanti cavalli ha nel motore, quanto è più grande la sua automobile, quante stanze hai nella tua casa, quante case ha in più, quanti viaggi esotici riesce a fare, è un continuo stimolare la mente su oggetti e proposte di una vita al di fuori dei limiti, è proprio la pubblicità che ci dice “Trasgredisci i limiti”. Non ci sono limiti nel mondo, più compri e quindi più soldi devi avere e più potrai trasgredire questi limiti e avere una vita di successo, ma questa è una trappola mortale, non è possibile trasgredire i limiti fisici della termodinamica ambientale, delle risorse di cui disponiamo. Ogni popolazione sulla Terra ha i suoi limiti, l’uomo ha l’intelligenza, ma l’intelligenza serve per essere consapevole dei limiti, non soltanto per tentare di superarli, il superamento dei limiti è possibile in alcuni casi e per limitati brevi periodi, non è possibile all’infinito.

 di Luca Mercalli



Fermare la crescita (espandi | comprimi)
Un saluto agli amici di Passaparola da Luca Mercalli.
Molti pensano che in un momento di profonda crisi economica, parlare di un diverso modello di sviluppo, più attento ai problemi ambientali, a una riduzione dell’uso delle risorse, a una minore produzione di rifiuti e di scorie, a un rispetto del territorio sia quasi un optional.
Qualcosa di non necessario e quindi, in questo momento così spaesante per il nostro futuro, sia rimandabile più in là e nel frattempo cercare di risolvere ancora una volta il problema della crisi economica, con la crescita, senza capire che forse è proprio la crescita che ha generato la crisi economica. E’ uno di quei momenti nei quali ci si rende conto che ciò che era stato annunciato 40 anni fa, dal famoso rapporto sui limiti della crescita compilato dai ricercatori del MIT a Boston su incarico del Club di Roma, si stanno avverando. I limiti alla crescita nel pianeta Terra esistono perché il pianeta è fatto così, è un pianetino molto piccolo con un set di risorse naturali finito, alcune di queste sono rinnovabili, altre non lo sono per niente, come il petrolio e il carbone che quando bruciano generano dei sottoprodotti negativi nei confronti dell’ambiente. Se non si prende coscienza di questa limitatezza, la crescita sarà la migliore ricetta per finire il prima possibile nel baratro.
Rispetto a 40 anni fa abbiamo ormai quasi quattro miliardi in più di persone, le cose che si potevano già fare negli anni ‘70 non sono state fatte e ci siamo oggi trovati in una situazione ancora più difficile, ma il messaggio continua a non passare, viene visto come un messaggio retrogrado che ci fa tornare al Medioevo, che non vuole lasciare i paesi in via di sviluppo alla loro parte di crescita per migliorare le condizioni di vita. Ogni volta che si apre un dibattito su questo tema si finisce subito con queste facili accuse e non si approfondisce le uniche istanze che possono, qualora ci si ragioni sopra, portarci fuori da questa crisi epocale. Si tratta di prendere coscienza che il futuro non può continuare com’è stato programmato in passato finora, ci sono limiti fisici naturali del pianeta. Fermare la crescita vuole dire non avere questo dogma assoluto, che il benessere sia fatto sempre e solo di un’aggiunta di qualcosa, senza renderci conto che ci sono dei livelli minimi di benessere delle persone che debbono essere chiaramente raggiunti e che corrispondono al soddisfacimento dei bisogni. I bisogni fondamentali di un uomo ormai li conosciamo bene, nei paesi occidentali li abbiamo soddisfatti tutti, si tratta di nutrirci in modo corretto, di avere una casa confortevole, di avere l’acqua corrente, l’acqua calda, di poterci riscaldare d’inverno e rimanere freschi d’estate, di avere uno Stato che ci garantisce un minimo di assistenza sociale, di assistenza sanitaria, dei diritti, la possibilità di avere un’istruzione pubblica, ma più in là andiamo e più ci accorgiamo che l’elenco di questi bisogni fondamentali termina con poche decine di temi. Il resto comincia sempre più a diventare un superfluo che negli ultimi 20 anni è stato costruito su un immaginario televisivo – pubblicitario che corrisponde a più mezzi, più beni, più capricci direi, perché quando vediamo la nostra pubblicità inneggiare a modelli di vita dove il successo dell’uomo si misura con quanti cavalli ha nel motore, quanto è più grande la sua automobile, quante stanze ha nella propria casa, quante case ha in più, quanti viaggi esotici riesce a fare, è un continuo stimolare la mente su oggetti e proposte di una vita al di fuori dei limiti, è proprio la pubblicità che ci dice “Trasgredisci i limiti”. Non ci sono limiti nel mondo, più compri e quindi più soldi devi avere e più potrai trasgredire questi limiti e avere una vita di successo, ma questa è una trappola mortale, non è possibile trasgredire i limiti fisici della termodinamica ambientale, delle risorse di cui disponiamo. Ogni popolazione sulla Terra ha i suoi limiti, l’uomo ha l’intelligenza, ma l’intelligenza serve per essere consapevole dei limiti, non soltanto per tentare di superarli, il superamento dei limiti è possibile in alcuni casi e per limitati brevi periodi, non è possibile all’infinito.

Prosperità senza crescita (espandi | comprimi)
Il collasso è certo, tutta la scienza che studia questi argomenti ce lo dice chiaramente. A questo punto suggerirei, in un momento di profonda crisi come questa, di rivedere profondamente i bisogni dell’uomo, garantire una salvaguardia di ciò che abbiamo raggiunto negli ultimi 50 anni di crescita petrolifera perché è stato il petrolio a permettere nel mondo di raggiungere i livelli nei quali siamo oggi, quantomeno nei paesi occidentali, rivedere non vuole dire tornare indietro, vuole dire tenerci stretti dei bisogni fondamentali, diffonderli, se è possibile e con i mezzi a nostra disposizione a tutti i 7 miliardi di abitanti della Terra, cercare di moderare l’aumento della popolazione perché altrimenti per ogni passo virtuoso che si farà nel mondo occidentale di riduzione dei consumi, questo verrà vanificato dalla crescita della popolazione terrestre nei successivi anni. Bisogna trovare una stabilità nella popolazione terrestre, a dispetto di quanti molti economisti e demografi pensano che ritengono che invece si possa anche in questo caso continuare a crescere e che la tecnologia risolverà tutti i problemi. Non è vero, la tecnologia può darci degli strumenti, ma non risolvere tutti i problemi, anzi vediamo che molto spesso se male utilizzata la tecnologia ne crea anche di problemi.
Quindi direi che è un sottile pensiero filosofico che vorrei che venisse recepito, perché già esiste, è un pensiero che è già stato elaborato e da una certa filosofia, penso a Hans Jonas con il principio di responsabilità e da una certa economia, penso non solo alla decrescita, che è forse quella più provocatoria come impatto mediatico, ma all’economia dello stato stazionario di Hermann Daly che riflette da decenni su questi argomenti. Penso non solo al rapporto del Club di Roma, ma agli esperimenti che si stanno facendo in Germania e in Inghilterra con l’attività di Tim Jackson: “Prosperità senza crescita”, oppure le riflessioni di Wolfgang Sachs in Germania al Wuppertal Institute con un progetto intitolato “Benessere senza crescita”. Le vie d’uscita ci sono. Ho degli ottimi maestri molto anziani che hanno capito tutto di come funziona il mondo da un punto di vista fisico e ecologico, da loro le lezioni le accetto, anzi mi sono formato sulle loro lezioni, un nome per tutti, il fisico Luigi Sertorio, uno dei più esperti al mondo che elaborano oggi i principi della ecofisica. Al contrario mi dà fastidio quando personaggi molto più anziani di me vogliono prevedere e soprattutto fabbricare un modello per decidere del mio futuro. Questi signori hanno davanti a sé, se va bene, una decina di anni di aspettativa di vita, non capisco perché sono così impegnati a difendere il futuro che poi vivrò io. Si occupino al limite del presente, un loro consiglio è sempre benvenuto, ma io vorrei che oggi il futuro a lungo termine, quello che io vivrò, spero per ancora circa 30/40 anni di attesa di vita media, ma quelli che sono i miei studenti oggi, invece vivranno per tutta la vita, vorrei che fossero loro a decidere di questo futuro, vorrei che fossero persone di 30 anni che si interrogano e che cercano di analizzare se questo modello di sviluppo, se questa crescita che viene invocata ancora una volta come la soluzione di tutti i mali, sia in realtà quello che lascerà a loro un mondo con delle opportunità oppure meno.
Non credo che il modello della crescita proposto da dei personaggi un po’ agée basati sul terrore di rivivere la miseria e la povertà dalla quale vengono ci possa portare molto lontano, il mondo evolve, ci sono idee nuove, ci sono possibilità per un’economia che non sia la padrona delle nostre vite. L’economia non deve essere il dogma fondamentale, non capisco perché devo oggi basare tutte le mie scelte e tutta la mia vita sullo spread con i bund tedeschi, ma insomma, ma sono cose ridicole, ma cos’è lo spread sui bund? Ma il mondo si fonda sulla termodinamica, si fonda su delle leggi che funzionano da miliardi di anni, i bund e lo spread li abbiamo inventati in questo periodo da un’economia che abbiamo visto in tutti i modi non funziona, allora cambiamo le leggi degli uomini che è molto più facile che cambiare le leggi di natura.


Indipendenti dal petrolio (espandi | comprimi)
Cosa proporrei dunque per uno Stato come l’Italia in questo momento storico per affrontare questa crisi? Farei un progetto di resilienza che è la proprietà di un sistema di sopportare uno stress esterno senza collassare. L’Italia non è per nulla un paese resiliente, è un paese che ha fatto il passo più lungo della gamba, è vissuto molto al di sopra delle proprie possibilità, facendo anche una grande festa che va al di là di quello che è stato il soddisfacimento dei bisogni fondamentali che quello è stato già raggiunto con il boom economico tra gli anni ‘50 e i primi anni 70. Adesso siamo già nell’era del superfluo, l’Italia è un paese che ha accumulato ricchezza, che l’ha anche sperperata e che ha un modello di vita piuttosto effimero. Suggerirei di investire le poche risorse economiche che restano nel rendere gli italiani più resilienti di fronte a questo futuro con molte trappole e trabocchetti. Un futuro dove l’energia fossile costerà sempre di più e quindi siamo un paese fragilissimo, legato al cordone ombelicale di un paio di gasdotti e di un po’ di petroliere che ci vengono a rifornire, possiamo essere più autonomi energeticamente? Ma certo che possiamo, siamo un paese ricchissimo di potenzialità di energie rinnovabili, l’idroelettrico l’abbiamo molto sfruttato negli scorsi anni, può essere rimordernato ma soprattutto il sole, il vento, le biomasse possono costituire il nostro petrolio domestico.
Accanto alle energie rinnovabili, democratiche, che ognuno di noi può mettere sul tetto di casa, c’è rendere più efficienti i propri edifici, le nostre case sono dei colabrodo, l’energia che noi a caro prezzo compriamo all’estero, ricattati da mezzo mondo, possiamo in realtà produrcela in buona parte a casa nostra. Farei un’operazione di manutenzione del territorio, l’Italia è un paese completamente infrastrutturato, addirittura in molti casi in eccesso, solo che le nostre infrastrutture hanno poca manutenzione, noi fabbrichiamo, costruiamo e poi lasciamo crollare, suggerirei di abbandonare completamente i progetti delle grandi opere, non abbiamo più bisogno di grandi opere concentrate e faraoniche. Il mondo del futuro è un mondo, al limite, di piccole opere, ma diffuse, piccole non vuole dire che non siano all’avanguardia tecnologicamente, piccolo vuole dire nanotecnologie, vuole dire tecnologie dell’informazione, trasferire la visione di un mondo dell’industria pesante, del trasporto pesante a un mondo molto più leggero dove le relazioni avvengono via Internet, via telefono, attraverso le scambio di informazioni. Abbiamo un territorio che abbiamo reso molto fragile nei confronti dei cambiamenti climatici, delle alluvioni, un’agricoltura che non è più in grado di sostenere noi stessi. Ricuciamo tutti questi nostri rapporti con il territorio, facciamo delle nostre città dei luoghi più vivibili, che non siano legati soltanto all’arrivo di merci da oltreoceano e che restituiscono poi soltanto grandi quantità di rifiuti e fanno morire la nostra industria e la nostra produzione locale, ricreiamo quindi un mondo a misura d’uomo, dove non c’è bisogno di una grande competitività, non dobbiamo competere così tanto con il mondo esterno.


La cooperazione è il futuro (espandi | comprimi)
La competitività non è un valore per la specie umana, la specie umana è una specie sociale, cos’è il valore oggi in un mondo così sovraffollato se non vogliamo farci la guerra? Competitività è quasi sempre l’anticamera del conflitto. E’ la cooperazione il valore del futuro, dobbiamo cooperare per usare le risorse, per produrre la minima quantità di rifiuti, per essere pronti verso un futuro che ci toglierà una serie di risorse su cui abbiamo puntato nell’abbondanza e nella ricchezza del boom economico, un momento irripetibile nella storia dell’umanità. Non ci sarà mai più un petrolio a prezzi stracciati come accadeva negli anni 50/60. Quindi progettiamo questo tipo di Italia che sia in grado di vivere bene con obiettivi più bassi, ma più bassi non vuole dire Medioevo, vuole dire che invece che l’obiettivo dell’oggetto costoso e di lusso, tanto effimero quanto dissipatore di risorse, ci sono tantissime cose che ci fanno vivere bene, che hanno costi ambientali e economici irrisori: la cultura, i nostri musei, le nostre biblioteche, tesori immensi che tutto il mondo ci invidia e che sono disertati proprio dagli italiani. Oggi possiamo ricostruire un mondo estremamente qualitativo sul piano del livello di vita sbarazzandoci del superfluo passando a un lusso leggero, un lusso della cultura, della conoscenza, della musica, della convivialità tra persone. Il modello di comprarsi il Suv o lo yacht è un modello socialmente conflittuale, costosissimo, che costringe le persone a lavorare molto di più. Se ce ne sbarazziamo possiamo lavorare di meno. Uno degli obiettivi della decrescita non è lasciare a casa un sacco di persone perché tutti quei beni superflui vengono visti come un limite all’occupazione: nel momento in cui noi li togliamo le industrie non lavorano più. Abbiamo visto che comunque non ha funzionato questo modello, qualsiasi cosa, superflua che è stata prodotta, inevitabilmente con l’automazione o con lo spostamento in paesi emergenti, ha tolto poi alla fine ugualmente occupazione, allora non sarebbe meglio produrre solo le cose veramente utili alla nostra qualità della vita e lavorare poi di meno? Se abbiamo meno necessità di acquistare oggetti inutili, forse potremmo lavorare tutti, ma la metà del tempo che lavoriamo adesso, quattro ore al giorno, pomeriggio o mattino libero, a seconda delle scelte, più possibilità per stare in famiglia, più possibilità per curare la propria cultura, il proprio orticello in senso veramente fisico, poter coltivare anche il proprio cibo. Questo si può fare e è forse uno standard di vita. Io peraltro non voglio insegnare niente a nessuno, ma a casa mia lo faccio, è facile, mi fa risparmiare dei soldi, tempo, mi dà delle soddisfazioni, mi ha permesso di togliermi da una certa serie di circuiti di obblighi sociali basati sulla pubblicità che scava nel tuo cervello e ti dice cosa è giusto fare.
Spero dunque che ci proviate anche voi e che passiate parola!

martedì 6 dicembre 2011

http://www.repubblica.it/cronaca/2011/12/06/news/frode_cibi_bio-26156104/?ref=HREC2-1

Sul mercato 700mila tonnellate di falsi cibi bio
maxioperazione della Finanza: sette arresti

Una truffa di proporzioni enormi. Dal 2007 gli indagati hanno distribuito alimenti con false etichette  "bio", il 10% del mercato nazionale. Sequestrate 2.500 tonnellate di prodotti. Un giro d'affari illegale per 220 milioni di euro. La Gdf: "Nessun pericolo per la salute pubblica"

ROMA - Sequestrate oltre 2.500 tonnellate di generi alimentari spacciati per biologici, ma che biologici non erano, soprattutto frumento, favino, soia, farine e frutta fresca. Ricostruita sulla carta la commercializzazione di oltre 700mila tonnellate di falsi prodotti bio (il 10% dell'intero mercato nazionale), per un valore di 220 milioni di euro. Questi i numeri dell'operazione "Gatto con gli stivali" condotta dalla Guardia di finanza di Verona, che ha arrestato sette persone tra il capoluogo scaligero, Ferrara, Pesaro Urbino e Foggia.

IL VIDEO 1

Gli arrestati sono gli architetti di una frode di proporzioni "impressionanti", come sottolineano gli stessi investigatori, iniziata nel 2007 e portata alla luce da una complessa indagine coordinata dalla procura di Verona. Si tratta per lo più di titolari di aziende, ma tra loro risulta anche un dipendente di un ente di certificazione alimentare. Sono accusati di frode in commercio, associazione per delinquere, falso materiale ed emissione di fatture inesistenti.

Queste le identità e i ruoli dei sette arrestati: Luigi Marinucci, 63 anni, di Angiari (Verona), legale rappresentante della Sunny Land Spa e della Società Agricola Marinucci; Davide Scapini, 43, di Sona (Verona), socio al 49% e direttore commerciale della Sunny Land oltre che rappresentante di altre aziende; Angela Nazaria Siena, 39, di San Severo (Foggia), rappresentante della
Bioecoitalia srl e di altre aziende nel settore agricolo-cereale; Andrea Grassi, 45, di Argenta (Ferrara), consulente e rappresentante di aziende agricole; Michele Grossi, 36, di Fano (Pesaro-Urbino), direttore regionale Marche dell'Organismo di Certificazione e controllo di suolo e salute; Stefano Spadini, 46, genovese, residente a Monte Cerignone (Pesaro-Urbino), consulente della Direzione Regionale Marche di Suolo e salute; Caterina Albiero, 47, di Salizzole (Verona), socio accomandatario della Bioagri sas e rappresentante legale de "La Spiga srl".

Dal 2007, secondo quanto evidenziato dalle verifiche sulla tracciabilità dei prodotti, avrebbero distribuito sul mercato 700mila tonnellate di prodotti con etichetta "biologico" in realtà provenienti da Paesi terzi, come la Romania, o destinati ad altro tipo di alimentazione o semplicemente frutto di coltivazioni normali. Il tutto per un valore di oltre 220 milioni di euro.

Una frode che, comunque, non avrebbe attentato alla salute pubblica, come tiene a sottolineare il colonnello Bruno Biagi. "Allo stato - assicura il comandante provinciale della Guardia di Finanza - non ci sono elementi per dire che questi prodotti sono dannosi per la salute. Non ci risulta esserci pericolo per chi ha consumato questi prodotti, sulla base dei dati che abbiamo a disposizione".

Il comandante evidenzia comunque che nel quadro delle indagini sono state materialmente sequestrate 2.500 tonnellate di prodotti, mentre il resto dello smercio è stato ricostruito solo sulla carta, sulla base delle diverse documentazioni che accompagnano il 'viaggio' dei prodotti alimentari indicati come biologici dalla coltivazione alla distribuzione per il mercato.
(06 dicembre 2011)

UN CAFFE' SOSPESO

venerdì 2 dicembre 2011

sono arrivati i "PICCOLETTI"
























varie proposte di cesti natalizi:






per info prezzi e combinazioni eleonora casalelamasseria@libero.it

UN "SACCO" DI AUGURI SOLIDALI

Dalla rete dell'economia solidale del SUD "RESS" per Natale

Un “sacco” di auguri solidali

Dopo l’incontro di Cancellara, dove si è sottolineata l’importanza di trovare strategie di cooperazione per consolidare le reti territoriali e attivarsi per costruire rapporti di mutualità fra i diversi territori; ecco il primo tentativo di mettere in pratica quanto progettato.

E’ stato chiesto a tutti i produttori della RESS di proporre qualcosa da mettere nel sacco di auguri per la cena di Natale ed ecco come è risultata la composizione finale che si propone alla rete con la speranza che ci arriveranno tantissimi ordini, e la preghiera di farceli pervenire ai seguenti indirizzi bottegaequomondo@libero.it o gabrirello@yahoo.it entro e non oltre il 10 di Dicembre perchè dobbiamo organizzare le spedizioni.


Bottega “Equo Mondo”
Caffè g. 250
Zucchero di canna g. 500
Tisana
Prodotti del commercio equo e solidale provenienti dal Sud del Sud
bottegaequomondo@libero.it
Tenuta di Lago d’Anice
di Marco Campobasso
Confezione di tris di arance da agricoltura biologica

www.tenutadilagodanice.it

BioAgriSalute
Due pacchi di pasta “Cappelli” da g. 500; una conf. di “Stozze” (biscotti con mandorle) da g. 500; una “cannellosa” da g. 100 (marmellata di agrumi e cannella)


www.bioagrisalute.it
Az. Agr. Calocero Francesco
Una confezione da g. 500 di pecorino dolce semistagionato
calocerofrancesco@libero.it
Fattoria della Mandorla
Un kg di mandorle biologiche
www.fattoriadellamandorla.it
Frantoio Biscione
Bottiglia di olio da cl. 75
www.frantoiobiscione.it
Birrificio Artigianale “Br’hant”
Una “Crocco” cl. 50 (birra ambrata)
Una “Ninco Nanco” cl. 50 (birra bionda)

www.birrificiolucano.it

Fattoria Farina
Una bottiglia da cl. 75 di vino bianco “Falanghina”
Una bottiglia da cl.75 di vino rosso “Aglianico”

pasqualefarinamail@libero.it


Prezzo del sacco € 60 più spese di spedizione
(E’ possibile anche, togliendo qualche prodotto, avere sacchi a prezzi inferiori)





Abbiamo cercato di mettere nel “sacco di auguri solidali” quello che di meglio offre la nostra terra e che noi trasformiamo con tanta pazienza e passione.Ci piacerebbe tanto che i profumi ed i sapori della nostra terra arrivassero sulle tavole di tutt’Italia insieme ai nostri sinceri auguri di passare delle serene feste natalizie e di riuscire, con la solidarietà e l’aiuto reciproco, a superare questo periodo di crisi e a dimostrare che è possibile un modo diverso di vivere e fare economia.

giovedì 1 dicembre 2011

LASCIATECI SEMINARE

Lasciateci seminare

di DANIELA PASSERI *

La Rete Semi Rurali, insieme con Acra e Crocevia, ha lanciato la campagna “Semi legali, semi locali” per chiedere alla Conferenza Stato-Regioni e al Ministero delle Politiche Agricole di riconoscere agli agricoltori il diritto alla selezione, conservazione e commercializzazione dei semi di antiche varietà locali. Diritto già scritto in una direttiva europea (98/95/CE), ma in Italia manca il solito decreto ministeriale che gli agricoltori aspettano da almeno tre anni.

I semi sono quanto di più strettamente regolamentato si possa immaginare. Il Catalogo delle varietà vegetali, una sorta di libro della natura ad uso dei burocrati, è molto rigoroso ed ha di fatto escluso dal business sementiero le varietà locali ed autoctone che hanno (quasi) perso il diritto di esistere: se non sei nel catalogo nessuno ti compra, nessuno ti coltiva. Per ovviare a questo sgarbo alla natura sono stati creati cataloghi paralleli di varietà “da conservazione”.

Ai produttori agricoli è riconosciuto (legge 1096/71) il diritto alla vendita diretta “di modiche quantità” (sic!) di semi da conservazione, cioè di varietà locali, purché lo facciano in ambito locale, purché autorizzati, purché dimostrino di avere adeguate capacità tecniche, purché abbiano le macchine adatte alla pulizia…. Purché, in definitiva, siano un’industria sementiera.

Non solo: per ottenere i contributi dalla UE occorre dimostrare di aver acquistato semi certificati (da un anno questo non vale più per i cereali) dai soliti big delle sementi, cinque multinazionali (Monsanto, Du Pont, Syngenta, Groupe Limagrain, Land O’Lakes) che detengono il 57% del mercato mondiale dei semi, quindi delle colture. Ovvero, decidono quello che arriva in tavola.

E noi mangiamo pane e pasta ottenuti dalle farine “migliori” ma solo in termini di velocità di impasto (con maggiore azoto e maggiori proteine, che rendono l’impasto più “resistente” alle sollecitazioni delle macchine, ma povere di oligoelementi, cioè vitamine e minerali), e velocità di lievitazione (lievito di birra invece delle miscele di pasta madre, anche queste troppo slow), a scapito delle loro qualità organolettiche, nutrizionali, di durata (il pane la sera è già da buttare). Insomma, le farine bianche, superraffinate, ottenute dalla selezione di grani monovarietali concepiti dalla ricerca agronomica, dice Riccardo Bocci, coordinatore della Rete Semi Rurali (www.semirurali.net) “per essere venduti nei cinque continenti con l’idea che i campi possono essere resi tutti uguali, basta aggiungere più o meno acqua, più o meno fertilizzanti chimici, diserbanti, pesticidi, funghicidi. Questo aspetto pone forte la questione della ricerca sulle sementi, che, poiché determina quello che noi mangiamo, deve essere pubblica. E pone forte anche la questione del costo ambientale enorme di questa politica agricola che favorisce soltanto l’agricoltura industriale”.

La campagna della Rete Semi Rurali pone dunque l’accento sulla necessità di tornare a “rilocalizzare” le colture, una delle 8 “R” (insieme con “ridurre”, “ridistribuire”, “rivalutare”…) con cui Serge Latouche spiega il pensiero della Decrescita. Per fare un esempio, si tratta di tornare a coltivare varietà di frumento autoctone o “antiche”, ciascuna nel suo territorio d’elezione, non per un nostalgico ritorno al passato, ma perché sono il risultato di novemila anni di adattamento all’ambiente e miglioramento varietale, quindi sono le più adatte a crescere in un certo territorio e le migliori per chi voglia abbandonare l’agricoltura convenzionale. “Sono le piante – sottolinea Bocci – che i nostri avi hanno coltivano nelle nostre campagne fino a circa 70-80 anni fa e sono quelle che meglio si adattano a ciascun terreno, ciascun micro-clima, a metodi agronomici naturali, precedenti l’introduzione massiccia della chimica, e quindi sono le più indicate per chi voglia passare al biologico, oltre che costituire una grande ricchezza per la biodiversità”.

Giuseppe Li Rosi, produttore di frumenti antichi a Raddusa (Catania), e oggi commissario straordinario della Stazione sperimentale di granicoltura per la Sicilia di Caltagirone, è uno degli agricoltori che, in sordina, al limite della legalità, ha ricominciato a produrre frumenti antichi con metodo biologico operando prima una lunga selezione, durata una decina d’anni, per capire quali sementi erano più adatte alla sua terra.

Dove avrà trovato i semi, visto che l’industria sementiera non tratta queste varietà marginali e non è possibile acquistarle da altri contadini? “In gran parte alla Stazione sperimentale di Caltagirone - racconta Li Rosi – ma anche andando nelle campagne dai contadini più anziani, partendo da quantità minime, anche 700 grammi di semi, quindi in modo illegale e senza dichiararlo, altrimenti avrei perso pure i contributi. E’ stato mio padre ad intuire che la coltivazione biologica sarebbe stata più redditizia di quella convenzionale, per via delle sovvenzioni. Però, coltivare con metodi che io preferisco chiamare naturali, con semi che sono stati progettati per la chimica, non funziona. Ho dovuto mettermi alla ricerca dei semi più adatti ai miei campi con i quali oggi ottengo, in qualsiasi condizione, una resa omogenea di 25 quintali/ettaro contro i 40-60 quintali/ettaro del convenzionale, però i costi di produzione del biologico sono la metà di quelli del convenzionale. In più, la qualità non ha paragoni: il frumento antico si radica più in profondità, quindi contiene più microelementi, ovvero sali minerali, in particolare manganese e selenio, mentre i frumenti dell’agrobusiness si accontentano dell’azoto e del fosforo con cui sono pompati. Ma sono prodotti di sintesi, da combustibile fossile a cibo”.

Per essere competitivo sul mercato Li Rosi sa che deve chiudere la filiera: produrre solo materia prima – il cui prezzo viene deciso alla borsa dei cereali di Chicago – per un’azienda agricola non è più sufficiente, occorre trasformare il grano in farina, la farina in pane e pasta. Così il contadino recupera la sua dignità di produttore di cibo e riattiva l’artigianato che, su piccola scala, può produrre alimenti di altissima qualità, anche nutrizionale, che non hanno bisogno di essere raffinati per diventare stabili, essere trasportati, durare a lungo.

In Italia il 50 per cento dei semi viene acquistato dai sementieri ma c’è poi un 50 per cento, nell’industria cerealicola, che continua a produrre i semi da sé. “Questo si spiega – dice Bocci – perché esistono ancora tanti piccoli agricoltori che per varie ragioni, familiari, di tradizione, hanno continuato a produrre secondo un modello agricolo considerato da più “sottosviluppato”, ma che ha permesso una certa diversità nei campi. Però questi agricoltori hanno un’età che va dai 65 ai 90 anni: la sfida sarà creare un ponte tra generazioni per non disperdere semi e conoscenze”.

* http://www.venezia2012.it/

IL CERCHIO E LA LINEA

di PAOLO CACCIARI

Finalmente un testo di base di ecologia umana, di bio-antropologia o di bioumanesimo, a dir si voglia. Un testo antologico indispensabile per le scuole di ogni ordine e grado, ma anche per ambientalisti, politici e quanti abbiano voglia di capire dove nasce e come si sviluppa il pensiero ecologico. “Per comprendere l’ecosistema e il modo con cui gli esseri umani possono interagire con esso senza provocare alterazioni – scrive l’autrice – è necessario focalizzare l’attenzione sulle relazioni che intercorrono tra gli elementi che lo costituiscono, ovvero dare rilievo al dinamismo che connota l’intero sistema”. Un libro di cui c’era bisogno per ricomporre dentro una dimensione storica filosofica unitaria il mosaico di saperi spezzati in tante discipline scientifiche. Un libro che contiene un “ipertesto” formato da schede che inanellano una rassegna delle crisi ambientali in corso: riscaldamento globale, buco dell’ozono, perdita di biodiversità, esaurimento delle risorse energetiche fossili, rarefazione dell’acqua, competizione nell’uso del suolo tra coltivazioni per usi alimentari e no-food e molte altre ancora. A fronte di tali problematiche, altre schede analizzano le azioni di governance tentate dalle istituzioni politiche: dichiarazioni, protocolli, convenzioni, agende e piani di azione internazionali, indicatori di sviluppo e di sostenibilità, strumenti di valutazione degli impatti ambientali, tutte puntualmente descritte.

Senza questo grande sforzo di concatenazione tra gli studi sullo stato di salute degli ecosistemi, l’analisi della funzionalità dei cicli vitali naturali e i comportamenti umani che ne determinano l’uso e l’abuso, non è possibile capire il “metabolismo sociale” – come direbbe Martinez Alier – del nostro sistema di produzione e di consumo. Realtà fattuale e pensiero, miti, psicologia sociale, modelli umani di riferimento trovano nell’ecologia le verifiche e i riscontri necessari. Lo studio della natura, senza considerare l’influenza dell’“imperfezione” umana (ecocentrismo) e, viceversa, le scienze umane – a cominciare dalla sua regina; l’economia – non relazionate ai sistemi vitali, naturali connettivi (antropocentrismo, etnocentrismo, endocentrismo), non ci fanno fare molta strada. La sfida dell’ecologia è rompere la separatezza secolare – da Bacone a Nietzche, ma forse ancora da prima, dal pensiero greco-giudaico, e sicuramente ancora in corso – tra uomo (inteso in senso proprio come maschio, bianco, proprietario) e natura, tra mente e corpo, tra razionalità calcolatrice ed emozionalità sentimentale, tra uomo e donna, tra bambino e adulto, tra il locale e il planetario, tra l’individuo singolo e le comunità sociali. La natura – ci invita Vandana Shiva – va vista come intreccio di forze cognitive, emotive e sociali. Per comprenderla – come dice il teologo brasiliano Leonardo Boff – bisognerebbe possedere una razionalità sensibile e cordiale. In definitiva, un umanesimo ecologico. Siamo stati abituati dalla società industriale a vedere il sole, il vento, l’acqua attraverso gli occhiali dell’utilitarismo come fossero pannelli fotovoltaici, pale eoliche, turbine e non siamo più capaci di apprezzarli come luce, colori, profumi, fragranze… “La natura come valore esistenziale”, scrive Banini. Beni indivisibili e incommensurabili con il metro del denaro. Common goods. Beni comuni, come rivendicano oggi numerosi movimenti.

La sottomissione della natura alla potenza di trasformazione geofisica raggiunta dalle tecnologie ha comportato la desacralizzazione del mondo. Da qui “il complesso degli dei” (Richter), il delirio di onnipotenza o, più penosamente, la perdita del senso del limite, la stolta dismisura, l’autodistruzione dell’unico habitat dentro cui la specie umana può sopravvivere. “La natura – scrive Banini - è in grado di reagire agli input destabilizzanti attraverso i suoi processi di autopoiesi, resilienza, resistenza, che però hanno un limite, oltre il quale si innescano morfogenesi dagli esiti imprevedibili e rischiosi per lo stesso genere umano, laddove l’integrità dell’ecosistema è condizione basilare per garantire benessere e progresso effettivo all’intera umanità”. L’essere dell’uomo – hanno scritto in molti – è nel mondo e non contro il mondo. Impararci a con-vivere è la sfida del nostro tempo. L’obiettivo – secondo l’autrice – deve essere “l’integrazione tra società, economia e natura”.

Con questo volume Tiziana Banini ci invita a tornare alla “primavera dell’ecologia”, a Barry Commoner (Il cerchio da chiudere, del 1972) da cui prende spunto il titolo del volume. E’ il momento in cui cambia “il modo di intendere l’ambiente – afferma l’autrice – sotto il profilo non solo sociale e politico, ma anche scientifico”; dal determinismo, al funzionalismo, fino all’olistica sistemica. Una straordinaria stagione che portò alla Conferenza di Stoccolma su “Human Environment” e alla nascita della agenzia dell’Onu per l’ambiente. Autori come Odum, Aurelio Peccei e i Meadows (autori del primo rapporto del Club di Roma), Georgescu-Roegen, Kenneth Boulding, Herman Daly, Gregory Bateson, Arne Naess, Ivan Illich, Ernst Friedrich Shumacher, André Gorz, James Lovelock, Hans Joanas, Carolyn Merchant, Cornelius Castoriadis, Edgar Morin, Fritrjof Capra, Murray Bookchin… hanno segnato un salto nelle scienze. Poi i terribili anni del neo-oscurantismo dell’ideologia neoliberista, del ritorno “alla concezione lineare e meccanica del tempo” (quella della crescita esponenziale del Pil) che ci hanno portati alla “crisi di sistema” in cui viviamo. Una crisi non solo finanziaria e nemmeno solo economica, ma climatica, energetica, alimentare, idrica… che ci sta portando a tremende lotte per l’accaparramento delle materi prime residue. “Da trent’anni – scrive Banini – si è consapevoli che il modello di sviluppo basato sulla crescita economica è fallimentare sia sotto il profilo ambientale, sia sotto il profilo sociale, perché non assicura democrazia, perché non garantisce benessere reale, perché non è supportabile dall’ecosistema, perché si regge su una profonda sperequazione globale nell’accesso alle risorse fondamentali”. L’autrice consiglia di “imparare dalla natura” dove vigono i principi di interdipendenza, ciclicità, partecipazione e flessibilità.

Il volume si chiude con un capitolo sulla decrescita e sulla bioeconomia di Gerorescu-Roegen, di Latouche, Bonaiuti e sull’economia solidale descritte come “un cambiamento di orizzonte valoriale” prima ancora che come un nuovo progetto politico.

Tiziana Banini insegna Geografia ambientale e Geografia culturale alla università Sapienza di Roma.

Tiziana Banini, “Il cerchio e la linea. Alle radici della questione ambientale”, Aracne, 2011, pp. 567, euro 33,00

lunedì 28 novembre 2011

COSE DA ALTRE CASE

Su quel piccolo tavolino, un tempo s'impastava il pane: ripulito della farina e della polvere e restaurato a regola d'arte è diventato un tavolo colorato per la sala; il vecchio mobile da ufficio, ridipinto, è diventato una credenza e il divano vintage, ricoperto con una tela di lino, ha un'aria nuova e pulita. Sono alcuni degli oggetti del nuovo progetto “Cose da altre case”, realizzato dalla cooperativa Insieme di Vicenza, da un'idea dell'artista Elvezia Allari: portare l'esperienza e la creatività della cooperativa fuori dai locali di via Dalla Scola per entrare nelle case delle persone e nei locali della città (e non solo) arredandone gli interni secondo i principi del recupero e del riuso creativo.
Così Elena, restauratrice della cooperativa, unisce l'attività ormai consolidata di recuperare e ridipingere antichi mobili antichi e oggetti curiosi, alla nuova progettazione d'interni: un gioco di squadra che unisce i saperi e la manualità dei lavoratori della cooperativa -come Elena- all'esperienza artistica di Elvezia, che si occupa invece della parte di restyling.
Il progetto “Cose da altre case” è in bella mostra all'interno della cooperativa, dove è stata allestita una vera e propria vetrina a tema, che si rinnoverà ogni mese per presentare combinazioni sempre nuove e originali di mobili e oggetti recuperati. In questo modo, è possibile «sensibilizzare le persone suggerendogli cosa potrebbero fare nelle loro case con l'aiuto della cooperativa Insieme», spiega Elvezia.
Infatti, non solo è possibile acquistare mobili e oggetti direttamente tra quelli recuperati dalla cooperativa: spesso l'alternativa è più vicina di quanto si pensi, proprio nelle nostre case. «Senza dover continuare a comprare cose nuove, è possibile ripensare gli arredamenti che abbiamo in casa, prima di disfarcene -osserva Elvezia-: spesso si tratta di oggetti che ridipinti e restaurati possono acquisire una nuova dignità, una nuova collocazione, una nuova vita».
Ecco allora che la cooperativa si propone di entrare nelle case dei cittadini: chi è interessato a rinnovare la propria casa, o ad arredarla dal principio, può chiedere una consulenza alla cooperativa, che farà una prima visita alla casa per valutare lo stato dell'arte. Da quel momento, infatti, si inizia a ragionare attorno alle possibilità di ripensare le stanze a partire dalla valorizzazione di quello che già contengono: mobili e oggetti che possono mostrare volti nuovi e inaspettati. La consulenza è a pagamento, ma vuole essere accessibile a tutti (i tempi e i costi variano a seconda del tipo di lavoro e degli spazi), sfidando la logica delle grandi catene di arredamento fuggendo la serie industriale per ridare valore a pezzi unici e riciclati.

La cooperativa Insieme si trova in via Dalla Scola 255, a Vicenza, ed è aperta dal martedì al sabato dalle ore 10 alle 12,30 e dalle 15 alle 19; il lunedì dalle ore 15 alle 19.
Per ulteriori informazioni sul progetto “Cose da altre case” è possibile contattare la cooperativa Insieme (tel. 0444 511562; www.insiemesociale.it), oppure Elvezia Allari (tel. 338 1744973; www.elvezia-allari.it).

L'ALBA DI DURBAN

Apre oggi i battenti la 17a Conferenza delle Parti Onu sul cambiamento climatico a Durban, in Sudafrica. E non potrebbe farlo sotto migliore auspicio, se si pensa che proprio in questi giorni il Governo conservatore del Canada ha deciso di mettere in un cassetto il Protocollo di Kyoto e tutte le sue velleità di un accordo concreto e vincolante per combattere il Climate Change. Peter Kent, ministro dell'Ambiente canadese, sbarcherà all'aeroporto sudafricano portando con sé una vera e propria bomba diplomatica. Dopotutto l'House of Common di Ottawa si è espressa il 22 novembre e democrazia vuole che, se il Parlamento decide il Governo esegua.
Oltre 190 Paesi e le loro delegazioni si ritroveranno, una volta di più, a contrattare sulla pelle di un pianeta sempre più in bilico, dove eventi metereologici estremi stanno trasformandosi in veri e propri sintomi di una febbre che non cala. E se il paziente decide di non seguire le terapie mediche, proposte in questo caso dall'IPCC, il Panel intergovernativo di scienziati che si occupa di ipotizzare il futuro e di dare soluzioni, allora sperare in una guarigione è quanto meno illusorio.
A Durban i faldoni sul tavolo sono molti. Ma quello più impolverato ha scritto Kyoto in copertina. Perchè è il 2012 l'anno della verifica, alla scadenza del primo periodo di impegni (2005 -2012) che avrebbe dovuto portare un'inversione di tendenza su scala globale nelle emissioni di CO2. Inversione che non solo non c'è stata (la concentrazione di CO2 viaggia simpaticamente attorno alle 392 ppm in crescita) ma che rischia di non esserci più se il secondo "committment period", il secondo periodo previsto dal Protocollo che dovrebbe dal 2012 in poi consolidare gli impegni vincolanti nel taglio delle emissioni, si trasformerà in un semplice approccio volontario.
E' difficile, in effetti, trovare un accordo quando la Cina primo inquinatore globale (ma in senso assoluto, non procapite) vuole avere mano libera e quando gli Stati Uniti la mano libera l'hanno sempre avuta. Ma diciamo che la posizione del Canada non aiuta a risolvere l'arcano.
Altro grande capitolo sul tavolo sarà il finanziamento per mitigazione ed adattamento. Numero ballerini, dalle stime della Banca Mondiale a quelle del rapporto Stern, parlavano di centinaia di miliardi di dollari stanziati ogni anno per avere ritorni concreti. Copenhagen prima e Cancun dopo hanno partorito il topolino del Green Fund, 100 miliardi di dollari all'anno mobilizzati entro 2020. Da dove vengano e come vengano gestiti non si sa, esiste un transitional committee che si sta riunendo dal marzo di quest'anno, ma difficilmente porterà una soluzione concreta in un momento di recessione globale.
E se le risposte che arriveranno, come è probabile che sia, parleranno ancora di meccanismi di mercato per combattere le emissioni allora la farsa sarà totale. Non solo il Carbon trading nello schema europeo (Ets, European trading system) ha mostrato falle ed addirittura frodi, ma le stesse banche come la svizzera UBS dichiarano che il carbon pricing è troppo basso per poter avere un reale impatto positivo sulla questione climatica.
Gli Stati Uniti qualche idea l'avrebbero. Ma la ricetta risulta essere un po' la stessa. In un recente documento sottoposto all'UNFCCC, gli Usa propongono che sia il privato a prendere le redini del gioco. Pur riconoscendo l'importanza della finanza pubblica nel sostenere l'adattamento dei Paesi più vulnerabili, c'è da riconoscere che "gli investimenti provati continueranno ad essere il driver principale della crescita economica, e che la transizione ad un'economia a basso contenuto di carbonio, resiliente al cambiamento climatico non si avrà attraverso la spesa pubblica". Dopotutto ci sono "investitori istituzionali come i fondi pensione, i fondi sovrani e assicurativi che controllano migliaia di miliardi di dollari cercando opportunità di investimento di lungo periodo".
Una posizione contraria alle stesse indicazioni della Convenzione quadro, che richiede specificamente ai Paesi industralizzati di fornire direttamente risorse per sostenere gli sforzi dei Paesi meno avanzati, sulla base di una "responsbailità storica e differenziata": chi ha inquinato di più si impegni di più per ripulire.
E invece tutto questo potrebbe passare al privato. Dopotutto si sta esternalizzando tutto, dal lavoro alla produzione. E Durban potrebbe essere il primo passo per esternalizzare persino gli impegni sottoscritti a livello internazionale.

lunedì 21 novembre 2011

STORIE DI RESISTENZA QUOTIDIANA

L’ora del Cambiamento L’arte del Cambiamento.

II° Appuntamento fisso mensile della rete sociale ed ecologica Cortocircuito flegreo Associazione della filiera corta flegrea.

Ogni ultimo VENERDI DEL MESE ALLE ORE 20.30 NELLA LIBRERIA CION-CION via solfatara 8 POZZUOLI ( poco dopo il ponte della metropolitana di Pozzuoli) .
Ogni ultimo venerdi del mese attraverso i mezzi dell’arte e dell’immaginario ( cinema, docu-film- teatro, fotografia, letteratura, etc..) ci incontreremo nuovamente e approfondiremo, in maniera conviviale, i nostri temi e in modo particolare il tema dell’ agriCultura con la C maiuscola.

Venerdi 25 novembre ore 20,30 presso libreria Cion-Cion:

"Storie di Resistenza Quotidiana" è un documentario che testimonia la forte volontà e l’impegno di fare fronte comune contro il fenomeno del racket e le pratiche dell’illegalità ormai diffuse in tutto il Paese.
In un’epoca di chiasso mediatico, in cui spesso si rendono noti solo gli aspetti negativi e fallimentari dell’ordinamento sociale, Storie di resistenza quotidiana è un documentario che mette al centro dell’attenzione le persone e le loro iniziative.
Persone che hanno fatto della loro vita l’esempio di una sostanziale “resistenza quotidiana”, pacifica e propositiva, persone che mettono a disposizione la propria esperienza e il proprio sapere nell’elaborazione di strategie di prevenzione e di contrasto, capaci di radicare nel territorio una nuova idea di legalità e consapevolezza. Il comune denominatore di queste vite, di queste storie, è il lavoro come strumento integrante di crescita e di indipendenza dai meccanismi che producono precarietà e insicurezza. Il documentario accompagna eventi specifici dell’attività quotidiana di movimenti come Addiopizzo e Libera terra. Intercalati da interventi di coloro che vivono e promuovono in prima linea il cambiamento. Il percorso che è punteggiato dalle voci di quanti sono in prima fila nella lotta alla criminalità organizzata, nel volontariato, nell’arte, nell'informazione.

mercoledì 16 novembre 2011

W IL RIUSO

MINISTERO DELL’AMBIENTE
E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE
PRESENTAZIONE RAPPORTO NAZIONALE SUL
RIUTILIZZO 2011
Venerdì 18 Novembre 2011
Ore 12:30
Città dell’Altra Economia, Largo Dino Frisullo snc
(ex Mattatoio di Testaccio, Roma)
Il Rapporto Nazionale sul Riutilizzo, giunto alla sua seconda edizione, ha l'obiettivo di aggiornare il
quadro sulle attività legate al riutilizzo realizzate nel corso del 2011, fornire dati sull’andamento e il
funzionamento complessivo del settore e illustrare le novità normative e sindacali che lo riguardano.
“Il Dlgs 205/2010, che recepisce le indicazioni della direttiva UE 98/2008, introduce finalmente in
Italia definizioni chiare sul Riutilizzo e indica la Preparazione per il Riutilizzo come opzione
prioritaria nella gestione dei rifiuti, rendendo evidente l'esigenza di pensare a questa pratica in
un’ottica di filiera”, sostiene Pietro Luppi, Direttore del Centro di Ricerca Economica e Sociale di
Occhio del Riciclone.
“Applicando le giuste logistiche, può veramente divenire un’opzione estremamente vantaggiosa dal
punto di vista economico, sociale e ambientale, essendo complementare agli interventi in favore del
Riciclo. Mentre quest’ultimo riguarda essenzialmente gli imballaggi, il Riutilizzo è in grado di
coinvolgere sopratutto i beni non d’imballaggio”, prosegue Luppi.
“Il Riutilizzo è diventato una priorità, e istituzioni e cittadini devono avere i giusti strumenti per
compiere scelte e avviare politiche conseguenziali. Un' informazione aggiornata ed esaustiva su
questo argomento, crediamo possa fare la differenza per il futuro nella riduzione dei rifiuti destinati
a smaltimento in Italia. Senza l’informazione adeguata, le istituzioni e la società civile rischiano
infatti di promuovere centri del riuso che non fanno altro che riprodurre sterilmente esperienze che
sono state sperimentate una grande quantità di volte senza successo. Chi vuole fare Riuso
seriamente deve parlare con gli operatori del settore. Non farlo, sarebbe come voler fare la
differenziata senza parlare con le filiere del riciclo”, conclude Pietro Luppi.
All’iniziativa del 18 Novembre interverranno importanti esponenti del mondo dell’Usato nazionale,
associazioni ambientaliste e rappresentanti istituzionali.
Interverranno:
Pietro Luppi – Direttore del Centro di Ricerca Economica e Sociale Occhio del Riciclone
Antonio Conti – Portavoce Rete Nazionale Operatori dell’Usato
Gianni Perbellini – Presidente Mercatino SRL
Alessandro Giuliani – Presidente di Mercatopoli
Silvia Paoluzzi – Rete di Sostegno Mercatini Rom
Stefano Leoni – Presidente WWF Italia
Modera: Gianfranco Bongiovanni – Responsabile Lavoro Occhio del Riciclone
Alle ore 16:00 l’iniziativa sarà seguita dalla Prima Assemblea del Coordinamento Regionale del
Lazio della Rete O.N.U. (Operatori Nazionali dell'Usato), un'iniziativa sostenuta e promossa
anche da Occhio del Riciclone e che rappresenta un imperdibile opportunità per mettere a fuoco le
dinamiche locali legate al riutilizzo, difficoltà e possibilità di sviluppo del settore dell'usato nella
Regione Lazio.
L'appuntamento sarà occasione di confronto locale in vista dell'Assemblea Nazionale degli
Operatori dell'Usato che si terrà a Napoli dal 21 al 22 Novembre prossimi.
Per maggiori informazioni:
www.occhiodelriciclone.com
riusare@yahoo.it
tel: 06/97840466 (dal lun al ven ore 10-17) 3471217942

LA RETE DEL CAFFE' SOSPESO




10 DICEMBRE - GIORNATA DEL CAFFÈ SOSPESO
La “Rete del Caffè Sospeso” promuove il recupero di una antica usanza solidale, nei bar, nella cultura… nella vita
La “Rete del caffè Sospeso - festival, rassegne e associazioni culturali in mutuo soccorso” invita i bar ed i locali d’Italia a riprendere l’antica usanza napoletana che consisteva nel lasciare un caffè ‘sospeso’ per chi non poteva permetterselo…
Una pratica che la Rete promuove anche nella cultura e nella vita quotidiana
http://www.caffesospeso.wordpress.com/
A Napoli c’era in passato un’usanza molto curiosa: quella del “Caffè Sospeso”. Chi era meno abbiente poteva trovare al bar un caffè in omaggio pagato da un precedente avventore, che lo lasciava in ‘sospeso’ per persone meno fortunate che non potevano permetterselo. Non si trattava di elemosina ma di un atto di condivisione dei problemi, solidarietà e comprensione.
La “Rete del Caffè Sospeso - festival, rassegne e associazioni culturali in mutuo soccorso” è nata a Napoli il 14 novembre 2010 da 7 festival italiani che hanno deciso di unire le forze e fare rete scambiandosi idee, progetti e prodotti culturali per sopravvivere o addirittura crescere in questi difficili tempi di crisi economica e tagli alla cultura.
In poco più di un anno di vita la Rete ha creato significativi scambi e condivisioni fra i 7 festival, ha ottenuto diverse nuove adesioni ed ha ora deciso di istituire, in concomitanza con la Giornata Internazionale dei Diritti Umani, il 10 dicembre - Giornata del Caffè Sospeso, iniziativa che si pone l’obiettivo di proporre la ripresa dell’antica usanza partenopea in bar e locali d’Italia e di conseguire nuove adesioni alla Rete attraverso la diffusione, nel settore della promozione culturale e nella vita quotidiana in genere, della filosofia solidale su cui si fonda.
Il 10 dicembre ogni festival e associazione della Rete organizzerà un evento; il programma è attualmente in via di definizione.
In http://www.caffesospeso.wordpress.com/ è possibile trovare maggiori informazioni, curiosità e consultare la lista di associazioni, festival e locali che hanno fino ad ora aderito alla Rete.
Tutte le realtà che desiderano aderire possono scrivere a caffesospeso@hotmail.it .
La Rete è sostenuta anche dal Sindaco di Napoli Luigi De che ha dichiarano di aderire ai principi e agli obiettivi di questa associazione rendendosi disponibile a partecipare ad iniziative future.
Particolarmente significativo è stato l’avvio della pratica al Bar Royal Cafè di Lampedusa nel periodo di maggior emergenza sbarchi, durante lo scorso inverno, in cui numerosi giornalisti e lampedusani lasciavano un caffè sospeso ai migranti che vagavano in cerca di un aiuto.
La Rete del Caffè Sospeso è stata costituita dalla Rete dei Comuni Solidali http://www.comunisolidali.org/, dall’ASGI – Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione http://www.asgi.it/ e da questi 7 festival: Festival del Cinema dei Diritti Umani di Napoli http://www.cinenapolidiritti.it/, Valsusa Filmfest della Valle di Susa (TO) http://www.valsusafilmfest.it/, Lampedusainfestival di Lampedusa (AG) http://www.lampedusainfestival.com/, Festival S/paesati di Trieste http://www.spaesati.org/, Filmfestival sul Paesaggio di Polizzi Generosa (PA) http://www.madonie.info/, Marina Cafè Noir - festival di letterature applicate di Cagliari http://www.marinacafenoir.it/ e Riaceinfestival di Riace (RC) http://www.riaceinfestival.it/.
La Rete si propone di offrire spazi culturali liberi, come si può offrire un caffè ad uno sconosciuto, lavorando in rete con uno spirito di solidarietà che ricorda quello del “caffè sospeso”. Unire le forze per una nuova declinazione del termine “Festival”, per un legame tra resistenze culturali che offra informazione alternativa e buona politica, navigando lungo un canale indipendente di diffusione del documentario e di condivisione delle arti in genere, dando vita a strumenti in grado di coinvolgere i territori su temi di forte contenuto sociale. Un progetto che prevede il mutuo sostegno di varie organizzazioni culturali sparse sul territorio nazionale, in grado di costruire ponti di cooperazione internazionale e intercettare la domanda di libertà, di autorganizzazione e di solidarietà delle comunità più deboli, dalle minoranze metropolitane emarginate alle comunità rurali minacciate dallo sfruttamento intensivo della terra e dell’acqua, dall’umanità silenziosa e sofferente delle carceri e degli ospedali psichiatrici alla marea di immigrati oppressi da nuove schiavitù, fino ai lavoratori precari e agli studenti che rivendicano il diritto allo studio per tutti.
Ufficio Stampa – Gigi Piga - cell. 3480420650 – press@comunisolidali.org

lunedì 14 novembre 2011

20 NOVEMBRE 2011 AL GIARDINO DELL’ORCO

LAGO D’AVERNO 11 (RIVA SINISTRA) DALLE 10 ALLE 14


Associazione della Filiera Corta Flegrea


Occasione di incontro, di conoscenza e di scambio
con esperienze rurali e artigiane


PORTA CON TE : borse riutilizzabili , contenitori usati per i detersivi alla spina, bicchieri riutilizzabili per degustazioni. Sarà possibile conferire in piccole quantità domestiche olii esausti di cucina. L’evento è a RIFIUTI ZERO


Ore 11 Tavola rotonda sul tema “ Informazione e Ambiente nell’area flegrea con le realtà flegree dell’informazione.


Ore 12 Pane Iannotta giocoliere e clown animerà lo Spazio Bambini


Corto Circuito Flegreo aderisce alla Settimana Europea per la Riduzione dei Rifiuti dal 19 al 27 novembre con il laboratorio “Costruiamo una compostiera domestica


Gazebo dell’Ufficio Italia dell’IRA MAURITANIA con informazioni sulla nascita dell’ Associazione che sostiene il Movimento Abolizionista della Schiavitù in Mauritania e vendita delle MELFE (stoffe tinte a mano delle Donne del Sahara Occidentale) per sostenere il progetto.


TROVERETE IL BANCHETTO DEGUSTAZIONE DEL CAFFE’ TATAWELO PROGETTO DI ECONOMIA SOLIDALE CON LA COOPERATIVA SSIT LEQUIL LUM PRODUTTORE DEL CHIAPAS (MESSICO)


http://cortocircuitoflegreo.blogspot.com

info: cortocircuitoflegreo@gmail.com; tel.: 3480079773/0818543238/3382232871



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Contatti della filiera corta flegrea

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