mercoledì 30 marzo 2011

Genuino Clandestino a Napoli

Cari amici di Corto Circuito Flegreo,
mentre lavoriamo alacremente per definire i dettagli che porteranno all'importante passo della costituzione della nostra Associazione, avremo l'occasione di prendere parte ad un importante manifestazione di respiro nazionale che si terrà a Napoli a Piazza mercato il 17 aprile: Genuino Clandestino Campagna per la libera lavorazione dei prodotti contadini.
La terza domenica del mese di aprile quindi Corto Circuito Flegreo si trasferisce a Piazza Mercato per Genuino Clandestino. A breve arriveranno tutti i dettagli...
Chiediamo a tutti i produttori di CCF interessati a venire a tale manifestazione di scrivere a cortocircuitoflegreo@gmail.com per segnalarci la loro volontà di aderire entro breve tempo, dato che abbiamo disponibili alcuni banchetti.
vi aspettiamo numerosi.

lunedì 28 marzo 2011

Ci siamo anche noi

Guida all'italia eco-solidale. edizioni Altreconomia
Turismo responsabile in 20 città


20 città, 20 mappe, 20 itinerari, 1.000 luoghi
L’Aquila, Milano, Torino, Genova, Venezia, Vicenza, Treviso, Trento, Bolzano, Trieste, Bologna, Firenze, Roma, Napoli, Ferrara, Ancona, Perugia, Bari, Palermo, Cagliari

20 città italiane -da Trieste a Palermo- da scoprire con lo sguardo del turista responsabile, 20 mappe e itinerari “alternativi” per coglierne l’anima sostenibile. Per ogni città un’ampia offerta di ostelli, bed&breakfast e accoglienze sociali, gestiti da cooperative sociali di inserimento al lavoro.

Ristoranti e locali che servono prodotti bio, equosolidali, di filiera corta e a chilometro zero.

Negozi e botteghe per uno shopping attento alla sostenibilità e alla legalità. Tutta la cultura indipendente: cinema, teatro, musica, libri, eventi. E le altre eccellenze “etiche”, città per città: botteghe del commercio equo, gruppi d’acquisto solidali, agricoltura urbana, fonti rinnovabili, finanza etica, turismo responsabile.

venerdì 25 marzo 2011

COME SI ESCE DALLA SOCIETA’ DEI CONSUMI

Tentiamo di raggiungere tutte le fibre intime della terra e viviamo sopra la cavità che vi abbiamo prodotto, meravigliandoci che a volte essa si spalanchi o si metta a tremare, come se, in verità, non potesse esprimersi così l’indignazione della nostra sacra genitrice……
Fra tutti gli oggetti della nostra ricerca pochissimi sono destinati a produrre rimedi medicinali: quanti sono infatti quelli che scavano avendo come scopo la medicina? Anche questa tuttavia la terra ci fornisce alla sua superficie, come ci fornisce i cereali, essa è generosa in tutto ciò che ci è di giovamento. Le cose che ci rovinano e ci conducono agli inferi sono quelle che essa ha nascosto nel suo seno, cose che non si generano in un momento: per cui la mente, proiettandosi nel vuoto, considera quando mai si finirà, nel corso dei secoli tutti, di esaurirla, fin dove potrà penetrare la nostra avidità. Quanto innocente, quanto felice, anzi perfino raffinata sarebbe la nostra vita, se non altrove volgesse le sue brame, ma solo a ciò che si trova sulal superficie terrestre, solo – in breve- a ciò che le sta accanto!

Plinio il Vecchio, Storia naturale, 33, 1-3

mercoledì 23 marzo 2011

La rivoluzione senza consumi

03/02/11 - La rivoluzione senza consumi
In L'institution imaginaire de la sociéte? Cornelius Castoriadis, attraverso la critica della
razionalizzazione infinita, si dichiara decisamente un «obiettore di crescita»: «Si dice spesso [...]
? scrive ? che "tutto è subordinato all'efficacia", ma efficacia per chi, per che cosa e per quale
scopo? La crescita economica è stata realizzata: ma per fare cosa, per chi, a quali costi, e per
arrivare dove? Se si eludono queste domande, non ci sono più ostacoli all'espansione della
nostra razionalizzazione immaginaria. Niente può fermarla, è senza limiti [il che si traduce nella
sostituzione dell'essere umano "con un insieme di aspetti parziali scelti arbitrariamente secondo
un sistema arbitrario di fini"], elevata al rango di necessità obiettiva, mentre qualsiasi dubbio
viene considerato appannaggio di "persone poco serie come i poeti e i romanzieri"» [nota 24,
leggi in coda all'articolo]. Come si vede, ritroviamo in Castoriadis il punto di partenza del progetto
di società della decrescita.Come uscirne? Naturalmente, si deve pensare innanzitutto
all'educazione, la paideia. Castoriadis si interroga: «Che vuol dire, per esempio, la libertà o la
possibilità per i cittadini di partecipare, se non c'è, nella società di cui parliamo, quel qualcosa che
va scomparendo nelle discussioni contemporanee [...], e cioè la paideia, l'educazione del
cittadino? Non si tratta di insegnargli l'aritmetica, si tratta di insegnargli a essere cittadino.
Nessuno nasce cittadino. E come lo si diventa? Imparando a esserlo. Lo si impara, in primo
luogo, guardando la città in cui ci si trova. E sicuramente non attraverso la televisione che si
guarda oggi» [25].
Tuttavia, questo è possibile soltanto se la società della decrescita è già realizzata. Bisogna prima
uscire dalla società dei consumi e dal suo regime di «cretinizzazione civica». La questione della
fuoriuscita dall'immaginario dominante, per Castoriadis come per noi, è fondamentale, ma
estremamente difficile, perché non si può decidere di cambiare il proprio immaginario, e ancor
meno quello degli altri, soprattutto se «dipendenti» dalla droga della crescita. A una domanda su
questo punto ? «In precedenza lei ha detto che bisogna voler lavorare sulla propria anima, che
bisogna voler pensare: dunque sarebbe la volontà il punto di partenza di questa ricerca della
libertà?» ? Castoriadis risponde: «Certo, ma questa volontà è motivata anche dalla riflessione, e
dal desiderio. Bisogna desiderare di essere liberi, se non si desidera di essere liberi non si può
esserlo. Ma non basta desiderarlo, bisogna farlo, cioè mobilitare una volontà, e praticare una
prassi, una prassi riflessiva e deliberata che permetta di realizzare questa libertà in quanto
possibilità che risulta imma nente nella misura in cui lo si desidera» [26].
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Noi possiamo fare nostra la risposta di Castoriadis. Tuttavia, una volta identificati i cambiamenti
necessari, è chiaro che questi non possono essere attuati con una decisione volontarista, del
genere: «Oggi pensiamo così, Castoriadis, pensatore della decrescita domani dobbiamo pensare
diversamente». Come osserva ancora Castoriadis: «La famiglia, il linguaggio, la religione delle
persone non si trasformano con le leggi e i decreti, e ancor meno con il terrore» [27]. Il punto è
esattamente questo. Tutti i tentativi di cambiare radicalmente i modi di pensare e i modi di vita,
sempre più o meno compiuti con la forza, hanno avuto dei risultati terri ? ficanti, come dimostra
l'esperienza dei Khmer rossi in Cambogia. È per questo d'altronde che i nostri avversari, quando
vogliono delegittimarci, presentano in modo caricaturale le nostre posizioni chiamandoci «Khmer
verdi».
Castoriadis è ancora più chiaro nel dibattito con il Mauss: «Possiamo anche dire, come fa Caillé,
che esistono dei valori di solidarietà estremamente importanti; ma non possiamo farne uno dei
punti di un programma politico» [28].
Denunciare l'aggressione pubblicitaria, oggi veicolo di ideologia, è sicuramente il punto di
partenza della controffensiva29 per uscire da quello che Castoriadis chiama l'«onanismo
consumistico e televisivo».30 Il fatto che la rivista «La décroissance» sia stata fondata
dall'associazione Casseurs de pub non è un caso. Il movimento degli obiettori di crescita è
largamente e naturalmente legato alla resistenza all'aggressione pubblicitaria. In effetti la
pubblicità costituisce la molla fondamentale della società della crescita ? cosa d'altronde
riconosciuta, non senza un certo cinismo, dagli stessi pubblicitari. «Possiamo svilupparci soltanto
come società di sovraconsumo ? scrive Jacques Séguela ?. Questo surplus è una necessità del
sistema. [...] Questo sistema fragile sopravvive soltanto grazie al culto del desiderio» [31]. In
sostanza, siamo di fronte a un vero e proprio complotto, ben analizzato da Edward Bernays, il
nipote di Freud, che come un perfetto cesellatore ha snaturato la psichiatria per applicarla al
marketing, cioè all'arte del riduttore di teste per eccellenza. Con un cinismo e una lucidità
incredibili, Bernays dichiara che «la manipolazione consapevole e intelligente delle abitudini e
delle convinzioni delle masse è un elemento importante della società democratica. Coloro che
manovrano questo meccanismo nascosto della società costituiscono un governo invisibile che è
la vera potenza regnante del paese» [32]. In effetti, osserva Castoriadis, «tutto quello che avviene
nella società non avviene per costrizione: le persone vogliono questo modo di consumo, questo
tipo di vita, vogliono passare tante ore al giorno davanti alla televisione e giocare con il computer
di casa. C'è qualcosa di diverso da una semplice "manipolazione" da parte del sistema e delle
industrie che ci guadagnano. C'è un enorme movimento ? uno scivolamento ? in cui tutto si tiene:
le persone si spoliticizzano, si privatizzano, si rifugiano nella loro piccola sfera "privata", e il
sistema fornisce loro i mezzi per farlo. E quello che le persone trovano in questa sfera "privata" le
allontana ancora di più dalla responsabilità e dalla partecipazione politica» [33].
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La decolonizzazione dell'immaginario sarà un processo lungo, che dovrà avvenire per
autotrasformazione. Ma, osserva ancora Castoriadis, «nel frattempo il procedere automatico della
tecnoscienza continua a distruggere l'ambiente e a creare rischi immensi in un futuro sempre più
prossimo" [34]. È dunque urgente intervenire. Ma che fare?
La conquista pacifica delle menti richiede molta pazienza. Di sicuro, la scommessa della
decrescita non è vinta! Soltanto una crisi può accelerare le cose provocando un fermento
rivoluzionario. Una rivoluzione è necessaria. Ma, va subito precisato, per noi come per
Castoriadis, «rivoluzione non vuol dire né guerra civile né spargimento di sangue». In effetti, il
nostro sistema sopravvive solo perché affonda le sue radici in una storia ricca e variegata, in
tradizioni culturali che fagocita e distrugge ma che sono al tempo stesso indispensabili alla sua
sopravvivenza. Probabilmente non è lontano il momento in cui la pianta parassita avrà soffocato
del tutto l'albero di cui ha succhiato la linfa, condannando l'enorme e arrogante fogliame al
deperimento e alla morte [35]. Tuttavia, questo crollo auspicabile non garantisce
automaticamente un domani radioso, ed è a questo punto che la rivoluzione si impone.
Castoriadis continua: «La rivoluzione è un cambiamento di determinate istituzioni centrali della
società a opera della società stessa: l'autotrasformazione esplicita della società condensata in un
tempo breve [...] La rivoluzione significa l'ingresso della maggioranza della comunità in una
fase di attività politica, ovverosia costituente. L'immaginario sociale si mette al lavoro e la
vora esplicitamente alla trasformazione delle istituzioni esistenti» [36]. Già in La société
ureaucratique Castoriadis definiva la rivoluzione come uno «strappo radicale da
formeplurimillenarie della vita sociale, uno strappo che mette in discussione la relazione
dell'uomo con i suoi strumenti di lavoro come con i suoi figli, il suo rapporto con la collettività
come con le sue idee, insomma tutte le dimensioni del suo avere, del suo sapere e del suo
potere» [37].
In questo senso, il progetto della società della decrescita è sostanzialmente rivoluzionario. Si
tratta di un cambiamento di cultura non meno che delle strutture del diritto e dei rapporti di
produzione. Tuttavia, trattandosi di un progetto politico, la sua realizzazione obbedisce più
all'etica della responsabilità che all'etica della convinzione. La politica non coincide con la morale,
e chi esercita la responsabilità deve fare dei compromessi con l'esistenza del male. La ricerca del
bene non è la ricerca del Bene assoluto ma piuttosto quella del male minore.
Non per questo però il realismo politico deve significare abbandonarsi alla banalità del male, ma
piuttosto contenerla nell'orizzonte del bene comune. In questo senso, per quanto radicale e
rivoluzionaria, qualsiasi politica non può che essere riformista, e deve esserlo se non vuole
sprofondare nel terrorismo. Ma d'altra parte questo necessario pragmatismo dell'azione politica
non significa una rinuncia agli obiettivi dell'utopia concreta. Il potenziale rivoluzionario dell'utopia
concreta non è incompatibile con il riformismo politico, a patto che gli inevitabili compromessi non
degenerino in compromissione del pensiero.
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La società della decrescita, come la società autonoma di Castoriadis, non è concepibile senza
una fuoriuscita dal capitalismo. Tuttavia, la formula «uscire dal capitalismo» sta a indicare un
processo storico che è tutto salvo che semplice. L'eliminazione dei capitalisti, la proibizione della
proprietà privata dei mezzi di produzione, l'abolizione del rapporto salariale o della moneta
sprofonderebbero la società nel caos e sarebbero possibili soltanto grazie a un terrorismo
generalizzato. Ma tutto questo non basterebbe per rimuovere l'immaginario capitalistico, anzi...
Uscire dallo sviluppo, dall'economia e dalla crescita non significa dunque rinunciare a tutte le
istituzioni sociali che l'economia si è annessa, ma reinquadrarlein una logica differente. Anche su
questo punto, siamo in sintonia con l'analisi di Castoriadis: «Nel marxismo c'è l'idea assurda che
il mercato in quanto tale, la merce in quanto tale, "personificano" l'alienazione. Si tratta di un'idea
assurda, in quanto i rapporti tra gli uomini, in una società ampia, non possono essere "personali"
come in una famiglia. Sono sempre, e saranno sempre, socialmente mediati. Nel contesto di
un'economia appena sviluppata, questa mediazione si chiama mercato(scambio)». «A mio parere
? scrive ancora Castoriadis ? è del tutto evidente che non può esistere una società complessa
senza, per esempio, mezzi impersonali di scambio. La moneta esercita questa funzione, e in
questo senso è estremamente importante. Che si sottragga alla moneta una delle sue funzioni
nelle economie capitalistica e precapitalistica, cioè quella di strumento di accumulazione
individuale di ricchezza e di acquisizione di mezzi di produzione, è una cosa. Ma in quanto unità
di valore e mezzo di scambio, la moneta è una grande invenzione, una grande creazione
dell'umanità» [38].
Alla domanda «Attualmente quali forze sociali sono portatrici di un'alternativa? Oppure l'idea
stessa di un legame tra un'alternativa e delle forze sociali precise è falsa?», Castoriadis risponde:
«Questa idea in effetti è falsa, in ogni caso per le società moderne. Non si può più affermare che
il "proletariato" ha storicamente il compito della trasformazione della società. [...] Oggi la
trasformazione della società richiede la partecipazione di tutta la popolazione, e tutta la
popolazione può essere resa sensibile a questa necessità ? a eccezione forse di un 3-5 per cento
di inconvertibili» [39]. Questa risposta coincide perfettamente con quella data dal subcomandante
Marcos, ed è anche la nostra.
Per la decrescita vale quello che Castoriadis dice di tuttele idee innovative: «I loro avversari
cominciano sostenendo che sono assurde, continuano dicendo che tutto dipende dal significato
che si attribuisce loro e finiscono per affermare che le avevano sempre sostenute caldamente».
Ma aggiunge: «Non bisogna mai perdere di vista il fatto che una simile "accettazione" a parole è
uno dei mezzi migliori per far perdere a quelle idee la loro forza eversiva. [...] La società
contemporanea dà prova di un virtuosismo senza pari nell'arte del recupero o dello snaturamento
delle idee» [40].

giovedì 17 marzo 2011

Avviso: Domenica 20 sospese le attività del mercatino

Cari amici e simpatizzanti di Corto Circuito Flegreo,
dopo una verifica con gli enti amministrativi di Pozzuoli abbiamo definitivamente capito che per continuare la nostra bella esperienza é necessario costituirci in associazione. Del resto era un percorso già tracciato nell'ultima assemblea del 20 febbraio, la burocrazia ci ha solo imposto un'accelerazione dei tempi.
Domenica 20 marzo sospenderemo dunque le attività del mercatino e dedicheremo il tempo alla discussione più approfondita possibile della costituzione immediata dell'associazione e la discussione dello statuto (ne reperimo uno dalle esperienze di economia solidale e lo porteremo come bozza proponente).
E' importante la presenza di tutti - produttori e consumatori - domenica alle ore 12,00 perché si tratta di scegliere in prima persona la costituzione del soggetto giuridico (l'associazione) che possa garantirci di continuare a far vivere questa esperienza e farla diventare sempre più partecipata. Non mancate !
E' molto importante, per chi non potrà esserci, comunicarci se intende aderire alla nascita dell'associazione.
Saluti solidali.
Corto Circuito Flegreo

lunedì 14 marzo 2011

Contadini con il cappello in testa

Contadini con il cappello in testa
11/03/2011 Marco Arturi
Inaugurare questa rubrica parlando di qualcosa che si svolge a Rosarno è forse quanto di meglio potessimo augurarci: ci permette di chiarire da subito come quel «dissidenze» con il prefisso eno davanti rappresenti, oltre che un inequivocabile omaggio a Gino Veronelli [il più grande giornalista e critico enogastronomico, che coniò il termine proprio sulle pagine di Carta], una visione anzitutto contadina – quindi in un mondo come questo ribelle – della viticoltura.
Dai vignaioli, soggetti per varie ragioni privilegiati rispetto al resto dell’universo agricolo, ci si attende una presa di coscienza definitiva: il potere comunicativo e mediatico del vino dovrebbe essere utilizzato per dare forza e visibilità alla contadinità meno fortunata, per difendere la terra e i territori, per salvaguardare saperi e sapori. Non sono pochi i viticoltori che, coscienti di questa responsabilità, stanno da tempo cercando di organizzarsi e muoversi in questa direzione. Ciò che rende loro difficili le cose è una oggettiva difficoltà a rapportarsi con le istanze che provengono dal «di sotto», da quella base dell’agricoltura fatta di piccoli contadini, braccianti e – perché no – stagionali migranti sfruttati.
Per questo sarebbe utile a tutti conoscere le proposte che arriveranno da Rosarno, dove il 12 e 13 marzo collettivi, gruppi di acquisto solidale e associazioni incontreranno i rappresentanti della Rete europea contro lo sfruttamento dei braccianti agricoli nell’ambito della campagna «Agricoltura contadina e lavoro stagionale migrante». A organizzare la rete e la campagna è innanzitutto Via Campesina, coordinamento europeo che si batte per la modifica delle politiche comunitarie; il modello proposto è ancora una volta quello francese, rappresentato da quella Confederation Paysanne che in breve tempo è riuscita a riunire migliaia di piccoli agricoltori. «Hanno capito qual è il problema, chi sono i nemici dell’agricoltura, vale a dire l’agrindustria e le grandi catene commerciali come Auchan, Carrefour e Despar, e sono in cerca di alleati. Tra questi, hanno pensato ai piccoli contadini e ai braccianti, perché se il sistema che fa morire gli uni è lo stesso che riduce in semischiavitù gli altri, allora sarà bene unirsi per combatterlo» spiegano gli organizzatori, che auspicano l’inclusione dei più deboli, i tanti africani ed esteuropei che popolano le nostre campagne in tempo di raccolta. Da qui è semplice comprendere il perché della scelta di Rosarno come sede dell’incontro, che avrà tra i suoi temi portanti anche filiera corta e consumo etico.
C’è da sperare che gli amanti del vino artigianale e naturale [e gli stessi produttori] non guardino con sufficienza a iniziative come questa, magari chiedendosi che c’entrano i braccianti stagionali con il vino ribelle. Nel caso, riflettano davanti a una boccia di Placido Rizzotto rosso [nero d’Avola, syrah, merlot], vino prodotto dalla Centopassi e proveniente da terreni confiscati alla criminalità organizzata, intitolato alla memoria del Segretario della Camera del lavoro di Corleone ucciso il 10 marzo del 1948 perché colpevole di avere lottato affinché i braccianti del luogo «non si togliessero il cappello quando passava il padrone», che in quel caso coincideva con il mafioso. Ancora sfruttamento, ancora campagne del sud, ancora lotte per la dignità contadina. Tutto torna.

lunedì 7 marzo 2011

“Stringete la mano che vi nutre”

“Stringete la mano che vi nutre”
Continuano le Visite ai Produttori di Corto Circuito flegreo


Le visite avranno carattere conviviale, informale e saranno improntate alla modalità dello scambio, della conoscenza e del consolidamento delle relazioni. Si potrà ,quindi, collaborare, scoprire, degustare, informarsi, giocare, divertirsi.
Invitiamo gli amici di CortoCircuito ad unirsi alle visite.



prossime visite :

Il 13 Marzo a MARANO DI NAPOLI presso gli autoproduttori Melania e Piero Napolano – Associazione culturale TerraeNotae ;
Partenza metropolitana di Pozzuoli ore 9.00 puntuali;

il 10 aprile visita itinerante ai produttori in Terra di Lavoro: I° tappa prima da Oscar Cangiano a Mondragone , poi saremo dagli auto produttori Doris e Umberto a Sessa Aurunca e infine a Carinola da Eleonora;
Partenza rigidamente puntuale dalla Metropolitana di Pozzuoli ore 9.00 ;

giovedì 3 marzo 2011

QUANDO ARRIVERA' LA CRISI

02/12/11 - Libri. La seconda chanche
Quando arriverà la crisi, scrive nel 1973 Ivan Illich in «La convivialità», bisognerà «saper
dimostrare che la dissoluzione del miraggio industriale offre l'occasione per scegliere un modo di
produzione conviviale ed efficace. La preparazione a questo compito è il cardine di una nuova
pratica politica». Per fortuna la preparazione alla quale allude Illich si nutre oggi di molte
esperienze ed elaborazioni, raccontati in libri di saggistica e narrativa, in grado non solo di
mettere in discussione il miraggio industriale e i suoi corollari [lo sviluppo, la crescita, il profitto a
tutti i costi, i consumi infiniti...] ma anche di delineare le possibili alternative. Pur tra limiti e
contraddizioni, a differenza di qualche anno fa, oggi è possibile studiare alcune vie di uscita dalla
società dei consumi, quella che Guido Viale chiama «La civiltà del riuso», che è anche il titolo al
suo ultimo libro [Laterza].Ciò che colpisce di questo interessante viaggio nel mondo dell'usato,
uno dei fulcri intorno ai quali costruire la civiltà del terzo millennio, sono i numerosi richiami di
romanzi nei quali gli autori raccontano il nostro rapporto complesso con gli oggetti. Viale riesce a
dimostrare che alcuni testi letterari consentono di osservare più in profondità i problemi della vita
quotidiana rispetto all'analisi economica, sociale e filosofica. Il primo testo richiamato è un breve
resoconto introspettivo scritto dalla francese Lydia Flem dal titolo «Come ho svuotato la casa
dei miei genitori» [Archinto 2005], in cui l'autrice racconta come, dopo la morte dei genitori, si è
trovata a decidere che cosa fare degli oggetti lasciati da sua madre e suo padre. Le cose messe
da parte negli anni, spiega l'autrice, «parlano» di chi le ha raccolte, possedute e conservate, per
questo la ricognizione degli oggetti sembra un'intrusione nella vita più intima delle persone.
«Come non sentirmi colpevole quando forzavo la loro intimità, entravo nella loro camera senza
bussare ? scrive Lydia Flem ?, svelavo le loro manie piccole e grandi, le loro eccentricità, le loro
ferite, facevo effrazione in lati della loro personalità che essi stessi forse neppure intravedevano e
che ora si rivelano impunemente al mio sguardo?». Ma è comunque il valore affettivo degli
oggetti lasciati a prendere il sopravvento: «Tra melanconia e amarezza, tristezza e dolore,
gratitudine e scoramento, pensai che ero stata fortunata ad aver visto i miei genitori invecchiare e
a poter adesso raccogliere degli oggetti che mi parlavano di loro».
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Illuminanti sono anche le citazioni tratte da «Il museo dell'innocenza» [Einaudi 2009], dello
scrittore turco Orhan Pamuk, premio Nobel per la letteratura nel 2006, in cui il protagonista del
romanzo, Kemal, cerca di trattenere, conservando gli oggetti come in un museo, i momenti più
belli vissuti insieme a F?sun, morta in un incidente d'auto dopo una difficile e tormentata storia
d'amore. Con questi e altri testi, tra cui «Le correzioni» di Jonathan Frenzen [Einaudi 2002],
«La discarica» di Paolo Tebaldi [E/O 1998], «Sulla felicità a oltranza» di Ugo Cornia [Sellerio
1999], «Il campo di grano sotto casa» di Antonio Onortati [pubblicato su Carta nel 2009] e
altri ancora Viale riutilizza i testi letterari per mostrare le potenzialità poco visibili degli oggetti
usati, il rapporto che abbiamo con le cose, e come in molti luoghi utilizziamo spesso oggetti già
usati da altri.
Il libro di Viale, quindi, non si limita a spiegare come il recupero conviene a chi cede e a chi
diventa possessore di un bene usato, perché riduce il prelievo di materie prime e la produzione
dei rifiuti [a questo proposito, dello stesso Viale ricordiamo «Azzerare i rifiuti», Bollati Boringhieri
2008], promuove il meticciato di gusti e aumenta l'occupazione, ma segnala diverse esperienze
internazionali, molto differenti tra loro, nate intorno al riuso e riciclo: dalla rete inglese Charity
shops al franchising italiano Mercatino srl, passando per i belgi di Ressources e gli statunitensi di
Second Chance. Non manca, infine, il dettagliato racconto di come potrebbe funzionare una
ricicleria ideale, legata a un territorio di piccole dimensioni, e progettata per rovesciare la
relazione che ciascuno i noi e la società nel suo insieme hanno nei confronti dei rifiuti che
producono, in particolare degli oggetti suscettibili di avere una seconda vita. Questi souk della
sostenibilità, suggerisce Guido Viale dovrebbero essere divisi in tre aree: la prima per la
selezione dei materiali riciclabili e i laboratori di riparazione [quest'area potrebbe comprendere
anche una sala conferenze, spazi per feste e, ci permettiamo di suggerire, una libreria e una
biblioteca], la seconda è destinata alla divisione in forma differenziata dei materiali suscettibili
solo di riciclo, la terza alla rivendita. L'ecocentro così delineato, può diventare anche uno
straordinario strumento di welfare municipale, se a occuparsi di tutte o di alcune di queste
funzioni fossero organizzazioni sociali in accordo con l'amministrazione locale. Insomma, non
occorre inventare nulla per avere finalmente l'alfabeto della «civiltà del riuso»: l'incontro tra
saperi, a torto ritenuti poco nobili ma assai diffusi nella società, e amministrazioni locali può
essere la prima scintilla importante.

mercoledì 2 marzo 2011

Prendiamoci cura

Appello agli aderenti/partecipanti/simpatizzanti di Corto Circuito flegreo.

Ci sono strade , percorsi molto belli ed entusiasmanti che si percorrono insieme. A volte ci sono imprevisti e/o ostacoli che bisogna affrontare. Ed ora , è proprio questo il momento. So che ad oggi non è ancora chiaro il concetto e il principio di responsabilità collettiva ma vi chiedo uno sforzo.
Se vi ricordate , già nell’assemblea del 17 ottobre 2010 avevamo parlato della necessità/opportunità per Corto Circuito flegreo ( che vi ricordo siamo noi) di fare un salto di qualità . Trasformarci in Associazione della filiera corta flegrea per meglio tutelare/garantire i produttori e i consum-attori delle rete e soprattutto per tutelare la persona e il luogo che ci ospita ( il giardino dell’orco).
Ora e’ arrivato , proprio in questi giorni , a Corto Circuito flegreo, un avviso “ bonario” e informale che comunica letteralmente che : “ se il mercatino del lago d’averno non trova rapidamente una forma di regolarizzazione amministrativa ( secondo norme statali, regionali e locali) i vigili saranno costretti ad intervenire” . Ci è stato fatto capire che possiamo cercare una intesa di regolamentazione flessibile che non cancelli l’esperienza. Ciò a conferma che anche l’istituzione, pur non conoscendoci bene, ci riconosce una utilità sociale . Ma dobbiamo fare dei passi concreti verso la regolarizzazione.
Nell’assemblea del 20 febbraio avevamo confermato questa volontà, a prescindere dall’imprevisto sopraggiunto successivamente, sebbene abbiamo concluso di far maturare ulteriormente la consapevolezza dell’appartenere ad un progetto comune molto ambizioso. Lo ripetiamo un progetto integrato di sostenibilità ambientale e sociale di comunità. Un vero e proprio cantiere sociale. Dove sperimentare filiere corte, relazioni di fiducia, promozione di cibo buono, pulito e giusto e soprattutto far crescere una comunità intorno a principi di sostenibilità, di giustizia ambientale e sociale.
Ma, già dall’inizio, ricordate, prevedevamo che le istituzioni e il contesto ambientale circostante ( nel vero senso della parola… circostante il lago) ci avrebbe interrogato e chiesto : chi siete?, cosa volete fare?, rispettate le regole?.
Bene, questo momento è arrivato.
In settimana abbiamo previsto di fare degli incontri con le istituzioni per chiarire le cosa da “mettere a posto” e fare alcune nostre proposte.
La settimana prossima pensiamo quindi di organizzare una assemblea straordinaria per passare all’azione.
Vi faremo sapere dove e quando.
Chiaramente , prendiamoci cura.
02 marzo 2011-03-02 Comitato promotore di Corto Circuito flegreo