pascolo Morcone3

I Comuni, un tempo strenui difensori degli usi civici, oggi costituiscono la più seria minaccia per i diritti dei cittadini sulle proprietà collettive.

È il segnale di un progressivo degrado civile, dove certa classe dirigente stenta a riconoscere l’identità delle comunità che amministra rinunciando a realizzare concrete condizioni di contesto per favorire la crescita economica. Troppo presa da ambiziosi programmi di opere pubbliche o a favorire gli appetiti dei privati, nell’ansia di fare cassa per finanziare qualunque tipo di attività o intervento senza effettive ricadute sulle economie locali, sfrutta le terre civiche ignorando regole e consuetudini condivise e consolidate nel corso dei secoli.
In nome di un decisionismo amministrativo che rischia di ipotecare irrimediabilmente il futuro delle comunità, ha messo mani e piedi su beni che non fanno parte del patrimonio comunale ma appartengono ai “naturali del luogo”. Eppure vi sono chiare disposizioni di legge che assegnano al Comune solo una funzione di ente amministrativo esponenziale della collettività proprietaria, incaricato di gestire il demanio civico nel rispetto delle sue peculiarità: la indivisibilità, l’inalienabililtà, l’inusucapibilità, la destinazione in perpetuo alle attività agro-silvo-pastorali, il valore paesaggistico e culturale.