di Theodor Shanin*
Demistificazioni
Ivan Illich fu un maestro dissacratore della contemporaneità e dei suoi miti della ‘modernità’, della ‘scientificità’ e del progresso, come pure degli ‘esperti’ professionali che ne sono i principali creatori e riproduttori. I suoi principali ‘strumenti’ di demistificazione (per usare la sua analogia preferita) consistevano nell’af fron ta re e nello smascherare le trappole semantiche, nell’ana lizzare le contro-produttività che derivano dai ‘saperi esperti’ e nell’arti co la re paragoni a livello storico e inter-sociale, per mettere a nudo le nozioni usuali che vengono ritenute evidenti. Aveva una capacità particolare di sorprendere, rifiutando di dare le ovvietà per scontate. L’orientamento etico e la sensibilità estetica che lo guidarono nella vita collegano tutti questi strumenti in una coerente cosmovisione personale.
I bersagli principali delle demistificazioni di Illich erano le ‘confusioni cognitive’ provocate dalle parole ‘ameba’, per utilizzare anche qui una delle sue espressioni preferite. Parole ‘ameba’ sono le parole senza forma, ‘per tutte le circostanze’, parole ‘plastiche’, senza un contenuto, un contesto o dei limiti chiaramente definiti. Nascondono nozioni senza senso e non designano nulla di preciso.
Molte volte la loro plasticità non è neutrale né accidentale, ma è al servizio degli interessi di governanti, ideologi ed ‘esperti’, cioè di coloro che le utilizzano per generare miti. L’u so contemporaneo della parola ‘terrorismo’ da parte dei governi e dei media può servire come esempio di parola ameba: non viene mai definita con precisione ed include liste mutevoli di ‘nemici’, ma esclude sempre i ‘migliori amici del presidente’, servendo così a coloro che hanno interesse ad evitare che si capisca qualcosa di preciso. Gli esperti, e in particolare quelli che lavorano per il governo, sono soliti produrre immagini di una realtà auto-evidente, modi comuni di vedere e parametri di analisi che appaiono come cortine impermeabili a una visione critica o alternativa. Questo non deve essere inteso in maniera semplicistica. Come la ‘scienza normale’ di Thomas Kuhn, le parole plastiche contengono elementi reali ma racchiudono anche potenti ‘mitologemi’ che inducono visioni molto particolari e impongono le domande ‘corrette’ che la gente educata deve porsi e di cui deve ritenersi soddisfatta. Il loro monopolio dell’auto-evidenza e delle linee di indagine da seguire fa sì che i principali aspetti della realtà restino inesplorati, negati o perfino ignorati.
Un modo per demistificare tali visioni ‘esperte’ fu, per Illich, l’analisi impietosa delle strutture concettuali e semantiche soggiacenti a nozioni che non vengono prese in esame per il semplice fatto di apparire evidenti. Questo significava indagare con molta attenzione i linguaggi intellettuali che producono miti e falsità. Significava anche tornare alle radici e alla fenomenologia dell’uso delle parole, analizzando i linguaggi, gli ambienti e le istituzioni degli esperti. Significava esplorare la società in generale, le sue dinamiche e il suo impatto sulla cognizione e sulla percezione – una sociologia realista della cono scenza.
L’analisi storica rivelò diversi livelli di significato dentro le parole che usiamo. Illich prestò una particolare attenzione alle forme pre-alfabetizzate del parlare, messe a confronto con i linguaggi formalizzati e ‘sottoposti a regole’ da ‘letterati’ esperti. Una volta che sono state formalizzate e generalizzate, le parole vernacolari perdono il loro contenuto specifico e denso, legato alla realtà che evocano o significano. La divergenza che si crea come risultato di tale generalizzazione contribuisce al prodursi della manipolazione delle parole. Anche in questo caso, Illich non offre una semplificazione: non propone di preferire la lingua vernacolare a quella formalizzata. Si limita ad introdurre una comprensione più approfondita delle tensioni esistenti fra l’esperienza, le sue espressioni dirette e le parole che effettivamente usiamo.
L’analisi delle forme con le quali le comunità di esperti stabiliscono e utilizzano le strutture attuali della comprensione e del fraintendimento costituì per Illich un modo di andare al di là degli ‘specchi deformanti’ della percezione sociale. Studiava ad esempio le distorsioni cognitive della realtà come risultato dell’uso ingenuo delle generalizzazioni statistiche (principale linguaggio burocratico dei nostri tempi) e il conseguente appiattimento unidimensionale della real tà umana. Indagava anche gli effetti dell’imposizione di presupposti assiomatici e di modelli di scarsità universale nello studio accademico dell’economia, e il modo in cui le semplificazioni iniziali si trasformano in mostri astorici che distruggono la comprensione della realtà a vantaggio del modello universale. In questo senso parlava dell’arroganza e della «violenza sociale del linguaggio burocratico» nell’af fron tare esperienze sociali e personali che non possono essere inquadrate dentro le costruzioni mentali degli esperti e dei politici.
Illich non trascurò la sfida delle parole ‘ameba’ a livello semantico. Una parte fondamentale del suo pensiero era indirizzata alla critica dei percorsi di industrializzazione e di mercantilizzazione della società, strettamente legati alle ideologie della modernizzazione. Si oppose instancabilmente alla polarizzazione crescente fra la minoranza ricca e le maggioranze povere della razza umana. Non era un utopista. Non pensava che il mondo pre-industrializzato fosse ideale né che i processi di industrializzazione e globalizzazione fossero semplicemente e totalmente ‘sbagliati’. Era un rea lista che non cercava semplicemente di accettare o di rifiutare, ma voleva scoprire un’immagine del passato e del presente più reale, più complessa e più contraddittoria.
Non accettava nem meno i nuovi miti del postmodernismo. La sua attenzione si concentrava sull’«immaginazione morale e politica a rischio di estinzione» – sull’intor pidi men to della vitalità e dello spirito creativo e critico delle menti, causato dall’attività di esperti che si dedicano alla produzione di significati ed alla formazione culturale della gente. Le sue demistificazioni non sfociarono in spazi vuoti privi di significato, ma in uno sforzo tangibile per una comprensione alternativa degli esseri umani, delle società e delle loro storie reali.
In breve, tutti questi temi acquistano un significato ancora più profondo nell’ambito della filosofia umana, dove si intrecciano questioni di realtà e di libertà. Noam Chomsky ha descritto così la specificità degli esseri umani: Gli esseri umani sono fondamentalmente diversi da tutto il resto che c’è nel mondo fisico. Gli altri organismi sono macchine. Quando i loro componenti sono regolati secondo una certa configurazione e sono posti in un certo ambiente, ciò che fanno è completamente determinato (o forse in parte soggetto al caso). Invece gli esseri umani in queste situazioni non sono ‘obbligati’ a comportarsi in un determinato modo, ma sono semplicemente ‘indotti o orientati’ a fare una certa cosa. Questo comportamento può essere prevedibile, nel senso che tendono a fare quel lo che sono indotti o orientati a fare; tuttavia sono liberi, in modo singolare, perché non sono obbligati a farlo.
Comprendere questo in profondità, significa contestare gli utilizzi burocratici, assolutistici e grossolani delle statistiche generalizzanti e delle supposizioni arroganti che molte volte stanno dietro al necessario carattere convenzionale di tutti gli esseri umani, una demistificazione assai importante.
Questa visione dell’eccezionale libertà delle persone si colloca nel cuore del metodo etico e analitico di Illich. Si deve ricordare che un cambiamento autocritico fondamentale dei suoi punti di vista fu il rifiuto del modello cibernetico degli esseri umani che aveva utilizzato per un certo tempo. Man mano che avanzava nei suoi studi, approfondì la sua visione specificamente umanistica della realtà.
Illich usò abbondantemente l’analisi comparativa per la demistificazione degli strumenti. La sua esperienza di vita, il suo iter accademico e il suo lavoro in America Latina gli fornirono una grande conoscenza del cosiddetto Terzo Mondo, con i suoi sistemi culturali, distinti e paralleli rispetto a quelli dell’Occidente. Li studiava e li conosceva abbastanza bene, rifiutandosi di scambiare le ‘teorie del progresso’ con la vita reale che andava scoprendo in essi. Conobbe inoltre a fondo la maniera in cui la visione globalizzatrice del mondo, che prevede che si segua un cammino presentato come l’unico possibile (considerato sia necessario che benefico per tutti, almeno a lungo termine), opera come una falsificazione ideologica utile ai potenti. Comprendere il mondo significa conoscere la sua diversità, la sua forza motrice e le disuguaglianze quantitative e qualitative in entrambi gli aspetti.
Illich usò molto efficacemente un metodo di confronto poco convenzionale. Era un medievalista insigne e riconosciuto, con un particolare interesse per i secoli XII e XIII in Europa. La sua conoscenza del mondo europeo alla fine del medioevo, della lingua franca latina e della storia della Chiesa, gli permisero di fornire contributi molto importanti alla comprensione di quell’epoca, sfidando la versione deformante che la descriveva come una ‘età oscura’ e dimostrando la misura in cui la rivoluzione culturale e semantica dei secoli XII e XIII costituì il fondamento dei principi delle scienze moderne nel XVI secolo. Il passato gli offrì importanti linee di confronto che gli permisero di vedere il mondo del pensiero nei suoi ritmi di sviluppo e nelle sue continue fratture. Illich era solito parlare dei suoi lavori come di una ‘archeologia del pensiero’ – un modo per recuperare ed utilizzare la comprensione del passato come strumento per comprendere meglio il presente. La sua analisi degli effetti dei modelli e delle forme dell’alfabetizzazione su quelli del pensiero sono un buon esempio di ciò.
L’analisi di Illich prestò attenzione alla molteplicità delle forme dell’esistenza umana. Non perse mai la sensibilità ai vincoli di base della catena sociale: la persona, il ‘gruppo primario’ di interazione umana diretta e la società più ampia. La questione centrale di quello che si doveva prendere in considerazione era, per lui, «il modo in cui le cose si relazionano», che in una delle sue prime opere definì come ‘cultura’. A tale scopo era di particolare importanza prendere atto e comprendere l’esistenza simultanea di forme e sistemi diversi del vivere umano. Illich si spinse ancora più oltre nell’analisi di quelli che chiamò i «sensi archeologici» – il modo in cui hanno preso forma le caratteristiche fondamentali della soggettività degli esseri umani.
La terza categoria degli strumenti di demistificazione usati da Illich era la sua capacità di sorprendere. Amici e studen ti riconoscevano la sua abilità nel cogliere lampi inattesi, nascosti dietro all’evidenza. Nel suo straordinario lavoro di filosofo e maestro risaltava questa grande capacità, collegata ad una impressionante abilità creatrice. Questi erano i momenti più emozionanti del lavoro e della discussione con lui, particolarmente per coloro che reagivano senza timore di fronte a qualcosa di originale e di poco ortodosso. Per questa ragione anche quelli che si dichiaravano in disaccordo con Illich impararono molto da lui.
Questa capacità di sorprendere risultò straordinaria per scoprire quello che gli ‘esperti’ non avevano visto.
* Theodor Shanin, sociologo lituano, docente universitario a Manchester e a Mosca, è noto per le sue ricerche sul mondo contadino. I suoi studi sopra l’ultima decade di Marx, realizzati negli anni’80, hanno aperto una nuova linea di riflessione sull’opera di Marx.
LIBRI E CIBO BUONO: TAVERNA COMUNALE A 100CELLE
Questo articolo, titolo originale “Un uomo sempre attuale”, fa parte di “Ripensare il mondo con Ivan Illich” (ed. Musodei), un libro a cura di Gustavo Esteva (un altro testo del libro, pubblicato in anteprima su Comune, lo trovate qui). Della stessa collana è “Crisi. La rapina impunita” di Jean Robert, di cui è leggibile il paragrafo Territori.
I due libri saranno presentati a Roma domenica 1 febbraio alle ore 11 durante una Taverna Comunalepromossa insieme al Laboratorio sociale autogestito 100celle, in un antico e accogliente casale di pietra circondato da alberi secolari e immerso in un’isola verde nella prima periferia di Roma, Casale Falchetti (viale della Primavera 319/b). Intervengono Aldo Zanchetta – con Maria Adele Cozzi cura la traduzione della collana – e i redattori di Comune. A seguire, dalle 13,30, pranzo di sostegno a Comune nella BiOsteria Saltatempo: il menù a base di prodotti biologici del Gruppo di acquisto solidale, Gasale, è in fase di definizione. Per il pranzo viene proposto un contributo di 15 euro a persona: è indispensabile prenotare scrivendo a info@comune-info.net. Grazie
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