Il nostro maggio
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di Gianluca Carmosino
Ci sono momenti nei quali l’ostinazione di chi vuole cambiare il mondo si fa più visibile. È un po’ come per le maree che registrano i valori massimi nel giorno di luna piena: gli effetti sui mari sono evidenti e a volte spettacolari in riva agli oceani, molto meno sui bacini interni come il Mediterraneo. Tuttavia, ciò che si muove e nasconde nel mare è lì anche quando il nostro sguardo non è in grado di coglierlo, prima e dopo la luna piena, negli oceani come nel Mediterraneo.
C’è aria di marea in giro. Per esempio a Milano contro l’inaugurazione di Expo2015, con rabbia e ironia si comincia con la catena di appuntamenti “Le cinque giornate di Milano”, poi nelle scuole e nelle piazze di tutta Italia, dove si moltiplicano le proteste contro il tentativo di sottoporre a logiche aziendali la conoscenza e il sapere di tutti (leggi Insegnanti, questo è il momento di ribellarsi di Alain Goussot). Tra gli ulivi del Salento, intanto, cresce un movimento creativo quanto determinato (sulle vicende salentine consigliamo la lettura di Le molte ragioni dei Partigiani degli ulivi di Antonia Battaglia, ma non perdete la galleria fotografica dei volti di questa straordinaria lotta All’ombra degli ulivi è nato un movimento).
Le lotte dei No Expo, della scuola e del popolo degli ulivi non nascono oggi, naturalmente. E non sono necessariamente più importanti di altre, ma certo raccolgono ed esprimono forza e adesioni come non accadeva da tempo. Sbaglia chi pensa a questi pezzi di società in movimento soltanto come a un grido contro il governo, una sorta di supplente precario della protesta dei partiti di opposizione oppure dei sindacati. È la rappresentazione, interessata, che ne fanno gli analisti politici, i sociologi e, soprattutto, i talk show dei media che contano. A Milano, nelle scuole e nella terra degli ulivi secolari, il rifiuto di accettare lo sfruttamento delle persone e della terra e quello e di mercificare ogni cosa hanno cominciato a diffondersi tra persone comuni con storie e sensibilità culturali e politiche differenti. A muoverle quelle persone – giovani, anziani, precari, migranti, insegnanti, genitori, studenti, agricoltori – sono stati stati poi il bisogno di vivere la vita di ogni giorno in modo diverso e la ricerca di parole e concetti nuovi per difendersi da quella che alcuni chiamano la tormenta, qualcosa di terribile, di ancor più distruttivo di ciò il mondo sta vivendo oggi.
Per questi motivi l’esito non è misurabile solo con la bilancia della politica parlamentare. Il fermento che si muove in basso ha grandi ambizioni ma non punta in alto: vuole nutrire speranza, ricomporre relazioni tra le persone, opporsi al dominio dei mercati sulla vita e negli immaginari delle persone.
Non si tratta dunque di invocare un Maggio francese del ’68, quando i movimenti paralizzarono il paese per diverse settimane, promuovendo discussioni e assemblee ovunque, in strada, nelle fabbriche, nelle scuole e nelle università, nei teatri, nei luoghi di aggregazione giovanili e nelle case della cultura. Si tratta, piuttosto, di allenare la capacità di ascolto e di osservazione per riconoscere l’esistenza di sguardi diversi sul mondo e si tratta poi, come ripetiamo in modo ostinato da queste pagine, di far da sé, di ribellarsi facendo, di non chiedere ad altri le soluzioni dei nostri guai. In fondo, viaggi come quello della Carovana per i Desaparecidos di Ayotzinapa e del Messico e di un leggendario contadino ribelle come Hugo Blanco servono proprio a questo: a farci ascoltare, a riconoscere e ad accompagnare coloro che cercano di creare, tra inevitabile caos e contraddizioni, mondi nuovi.
Sì, nonostante tutto, c’è vita oltre l’Italicum. La prossima luna piena è prevista il 4 maggio.
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