Pomodori italiani? Li vogliamo «etici». Danesi e norvegesi scrivono a Renzi
La lettera. "Assicurare condizioni dignitose nei campi. Cominciando
dall'applicare la riforma agricola chiesta da Fai, Flai e Uila", dice
una rete di sindacati, imprese e ong. "Sempre più rivenditori ci
chiedono non solo la qualità dei prodotti, ma anche quella del lavoro"
Volete che i danesi e i norvegesi continuino a mangiare pomodoro italiano? Caro governo, e care imprese che vi occupate della raccolta e distribuzione, dovete darvi una regolata ed escludere per sempre il lavoro nero, lo sfruttamento, la semi-schiavitù che sembrano la regola comune in tanti campi. Una lega di rivenditori di generi alimentari, imprese e sindacati dei due Paesi scandinavi, spinti dall’attività del sindacato italiano e dalle tante denunce dei media, ha inviato ieri una lettera al premier Matteo Renzi per annunciare il progetto «Pomodori dall’Italia», che vuole appunto, d’ora in poi, selezionare esclusivamente fornitori «etici».
«Una prevalenza di lavoro irregolare e sommerso, come anche l’abuso di lavoratori migranti assunti per intermediazione illecita (tramite caporali) in gran parti del settore agricolo italiano, sono state cause di crescente preoccupazione per rivenditori di generi alimentari in diversi paesi europei, inclusi Danimarca e Norvegia», scrivono associazioni e imprese come Coop Denmark and Norway, Reitan Distribution, Dieh, Rema 1000, Virke, e diverse altre, insieme alla Effat, la federazione europea dei sindacati del cibo, dell’agricoltura e delle attività turistiche.
«Siamo al corrente di una serie di misure, anche legislative, attuate dalle autorità italiane e altri attori per contrastare questi problemi, che purtroppo persistono», scrivono ancora. «Per migliorare la situazione affinché ci siano condizioni lavorative dignitose per lavoratori agricoli migranti, troviamo di fondamentale importanza implementare meccanismi che: 1) Evitino l’intermediazione illegale di manodopera agricola; 2) Contrastino l’occupazione irregolare di lavoratori ; 3) Facilitino trasparenza nell’incontro tra domanda ed offerta di lavoro agricolo».
«Con questa premessa — aggiungono le associazioni, imprese e sindacati norvegesi e danesi — vi incoraggiamo fortemente a: 1) Attuare il Decreto Legge del 24 giugno 2014 n. 91, articolo 6 relativo alla Rete del lavoro agricolo di qualità; 2) Rivisitare la proposta congiunta di Fai Cisl, Flai Cgil, Uila Uil del 26 Febbraio 2014, per riformare il mercato del lavoro agricolo a modo che si raggiungano i tre obiettivi sopra descritti».
«DIEH e IEH — spiegano gli autori dell’iniziativa — sono costituite da sindacati, grandi imprese, ong e associazioni datoriali, con la missione di migliorare le condizioni di lavoro nelle catene di approvvigionamento globali. Il progetto mira, tramite collaborazione con parti interessate italiane, a contribuire a condizioni dignitose per questi lavoratori, come anche a fronteggiare abusi nelle catene di approvvigionamento dei prodotti agricoli italiani».
«Pomodori dall’Italia», già annunciata qualche mese fa a una conferenza di Flai, Fai e Uila a Rosarno, è stata rilanciata ieri dalla Uila Uil: «La larga adesione alla lettera anche di aziende della distribuzione alimentare — spiega il segretario Stefano Mantegazza — conferma che sempre più consumatori nel mondo vogliono avere certezze su qualità dei prodotti ed eticità del lavoro. Tema attuale durante Expo: il governo si attivi per completare la riforma agricola».
Nessun commento:
Posta un commento
Commento Pubblicato