mercoledì 2 novembre 2011

I CAMBIAMENTI NECESSARI www.altreconomia.it,

I cambiamenti destabilizzano, ma sono necessari. E preziosi: perché richiedono consapevolezza, riflessione, impegno, e ci mettono di fronte a nuove sfide. La nostra rivista è cambiata nella forma. Quindi anche nella sostanza.
Se conoscete Altreconomia, sapete che ogni tre anni -con cadenza più o meno regolare- interveniamo sull’impaginazione, il formato, i caratteri del mensile che avete tra le mani. Questa volta abbiamo esagerato, e abbiamo cambiato addirittura la testata del giornale.
A noi piace osare.
Tuttavia saprete anche che il contenitore vale spesso quanto il contenuto, e i dettagli tecnici necessariamente diventano scelte editoriali: il significato lo fa anche il significante.
Abbiamo scelto ancora una volta di rendere il giornale più leggibile, più chiaro, elegante e al tempo stesso bello. Parlare di economia -col rigore che la disciplina impone- non è facile e il rischio di essere noiosi è reale.
Siamo soddisfatti del risultato.
Scorrendo le pagine troverete alcune novità: la rassegna stampa di pagina 4 e 5, tanto per cominciare. Ogni giorno in redazione leggiamo i quotidiani e consultiamo numerosi siti web. Siamo colpiti da notizie che nel giro di poco tempo spariscono, e ce ne dimentichiamo, nonostante la loro importanza. Ecco perché queste due pagine: oggi che siamo inondati da notizie, la ridondanza è una potente censura, e l’oblio il suo strumento. Prendete allora quelle pagine come una specie di archivio, una sorta di memoria dei fatti. All’interno dei servizi, noterete poi che tutti i nomi (di persone, società od organizzazioni) sono evidenziati.
In qualche modo abbiamo voluto ribadire che al centro dei fatti, economici e non solo, ci sono sempre le persone, e che a loro bisogna ricondurre le responsabilità di quel che accade, nel bene e nel male. Ovviamente, i primi nomi evidenziati sono i nostri.
Anche i siti internet sono evidenziati. La nostra rivista sarà sempre più integrata con il web e con il nostro portale www.altreconomia.it, anch’esso rinnovato nella grafica e nei contenuti, con nuove sezioni e nuovi blog.
La stampa -e quindi anche Altreconomia- ha nei confronti della Rete un rapporto di amore e odio. Il web ha garantito l’accesso immediato e diffuso all’informazione, la possibilità di avere, in tempo reale, la conoscenza di quel che accade nel mondo.
Ma al tempo stesso ha imposto un modello, per il quale l’informazione non può che essere gratuita. È un modello che ci convince solo in parte, perché non fa i conti con i costi della buona informazione, che necessariamente è indipendente e quindi ha bisogno di lettori e non può sorreggersi solo grazie alla pubblicità o ai soldi di un editore importante.
Questa rivista -ribadirlo non fa mai male- seleziona gli inserzionisti e limita le pagine pubblicitarie, non riceve alcun tipo di finanziamento pubblico e soprattutto è di proprietà dei suoi lettori, i circa 500 soci della nostra cooperativa.
Pagina dopo pagina, noterete molti numeri. Non dobbiamo averne paura: i numeri, essenza dell’economia, misurano il mondo e hanno il potere di scavare nei fatti, senza banalizzarli.
Diamo (abbiamo) i numeri per non cadere nelle trappole della superficialità.
Infine, noterete che i pezzi sono mediamente più lunghi del solito. Abbiamo scelto di lasciare al nostro sito il compito di tenervi aggiornati quotidianamente, mentre mese dopo mese nella rivista troverete sempre più inchieste, reportage e dossier.
Non molto tempo fa, don Luigi Ciotti ha detto che al giorno d’oggi in giro c’è troppo pensiero sbrigativo, di seconda mano, e che manca profondità.
Ogni mese ci prenderemo allora il tempo di approfondire, indagare, fare domande, scrivere. A voi chiederemo di prendervi il tempo per leggere e capire.

Ps. Se non ci conoscete, e questa è la prima volta che prendete in mano la nostra rivista, guardate la copertina e capirete chi siamo. È tutto scritto lì: il nostro è un mensile indipendente che si occupa di economie solidali, di diritti e di nuovi stili di vita. Siamo qui da dodici anni esatti, e ci saremo ancora a lungo.

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